LA PAROLA

Coerente

È il secondo significato che il Vocabolario Treccani dà di questa parola quello maggiormente impiegato. Secondo in quanto figurato e derivato dal primo impiegato prevalentemente in campo scientifico per indicare due parti di qualcosa – una roccia, gli organi di una pianta – attaccate, strettamente unite tra loro.

Nella sua seconda accezione l’aggettivo si riferisce a persone, idee, ragionamenti, comportamenti che non sono in contraddizione tra loro, fedeli ai propri principi. Le azioni sono tali quando vengono compiute in modo conforme al pensiero che le fa scaturire.

Prevalentemente la coerenza è un valore positivo, una virtù, qualcosa che ci si aspetterebbe dalle persone e anzi, guardandosi in giro, un’abitudine che richiederebbe di essere maggiormente coltivata.

È però bene ricordare che anche un pazzo, nella sua pazzia, può essere coerente. Perciò talvolta è opportuno guardarsi dagli eccessi di coerenza. Anzi, male non fa considerare che senza una dose di incoerenza, saremmo esseri pressoché immobili, incapaci di cambiamenti, soggetti a quella “coazione a ripetere” che gli psichiatri considerano una pericolosissima malattia dell’animo umano, per chi la pratica come per chi la subisce.

Senza incoerenza la pressoché totale molteplicità delle acquisizioni scientifiche non farebbe parte di questo mondo, essendo spesso la comprensione della realtà una messa in discussione delle conoscenze e delle norme fino a quel punto comunemente accettate. Essa è, insomma, a fondamento di ogni spinta creativa, come se quest’ultima fosse impossibile in assenza di un qualche tradimento. Quest’ultimo anzi, anche nelle relazioni di coppia per esempio, è, come spiega Aldo Carotenuto nel suo Amare tradire, un meccanismo indispensabile per portare finalmente alla luce quanto non funziona in una relazione, sì che il coraggioso, di più, il generoso, colui che ama davvero, è chi infrange e toglie il velo dell’illusione o dell’infingimento. Basta non esagerare. Oppure esagerare coerentemente.

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