LA PAROLA

Conflitto

Il vocabolo conflitto viene dal latino cum = insieme + fligere = urtare, sbattere contro.

Il cum sta a indicare che l’urto non è unilaterale, ma coinvolge almeno due parti. È un confronto tra due forze che si contrappongono, sia all’interno di un individuo, sia tra più individui, sia dentro un gruppo, sia tra più gruppi.

Nella lingua italiana, sono sinonimi di conflitto: contrasto, scontro, divergenza, litigio, opposizione, urto, discordia, incompatibilità, lotta, combattimento e, per estensione, guerra…

Il conflitto è una realtà immanente: è causa ed effetto delle differenze “naturali” che si trasformano in divergenze e che possono cristallizzarsi anche in scontri.

Per questo, il conflitto è, non accade.

Marco Aurelio diceva: «È conflitto la vita, è viaggio di un pellegrino».

Il conflitto è una componente naturale dell’esistenza umana, potenzialmente salutare ed utile nell’ambito delle relazioni interpersonali, perché espressione di diversità come ricchezza.

Non è una malattia misteriosa di cui non si conosce la causa, ma è un processo fisiologico, che, se non viene regolato, può diventare (allora sì!) una malattia.

Non è una patologia relazionale, ma è parte naturale della relazione. Gli attori del conflitto sono avversari, non nemici.

È un’aspettativa irrealistica credere che le relazioni non debbano contenere in sé nessun conflitto per essere positive. L’assenza di conflitti non è infatti la “prova” del loro buon funzionamento, anzi, a volte, proprio la presenza di conflitti ne evidenzia l’autenticità e permette che si rivitalizzino. Non è vero che il conflitto rovina i rapporti; al contrario, rappresenta un’opportunità per rigenerarli.

L’essere umano è un essere di relazione che si forma e si realizza grazie all’incontro e al confronto con gli altri, entrambi non facili: l’altro è pur sempre uno sconosciuto ed un diverso. Dunque, il conflitto è sempre dietro l’angolo, è ineliminabile dalla vita, è un evento comune e quotidiano.

Ci viene paradossalmente insegnato, fin da piccoli, che esser in conflitto è un male; non è semplice invertire la rotta di questo abituale modo di pensare che percepisce il conflitto soltanto come negativo, come un pericolo, una minaccia, senza scorgerne il lato positivo che ne fa una potente risorsa relazionale. Oltre ad essere fonte di tensione, ansia e dolore, oltre a farci sentire fragili e a farci percepire l’ambiente come instabile, il conflitto mobilita energie nuove, incrementa la vitalità, fa ritrovare identità e aumenta la motivazione. È un motore di cambiamento che mantiene le relazioni dinamiche e sensibili alle necessità umane.

Purtroppo la nostra educazione tende in ogni contesto a epurare dalla vita ogni possibile fonte di conflitto: si preferisce eliminare chi disturba o chi porta un problema, viene allontanato chi è diverso o chi è in difficoltà. Manca una cultura che sappia coesistere con il conflitto e manca un’educazione che dia gli strumenti adatti per imparare a stare nel conflitto, trasformandolo in opportunità di crescita.

Il conflitto nasce dalla presenza di un problema che arreca tensione e questo disagio emotivo genera: rabbia, collera, risentimento, paura, ostilità, soffocamento, destabilizzazione, disorientamento, confusione… tutte emozioni sgradevoli che ci sommergono e ci travolgono. Di conseguenza ne abbiamo molta paura sempre, non importa se il conflitto ci riguarda direttamente o no, e la nostra prima preoccupazione è far di tutto per eliminarlo, evitarlo, ignorarlo, così da tacitare la sofferenza che ci provoca. Purtroppo la strategia difensiva non risolve i problemi, anzi, quasi sempre, li aumenta, come dice Moliere: «Quasi tutti gli uomini muoiono per i rimedi che usano più che per le loro malattie».

Per un reale cambio di atteggiamento nei confronti del conflitto, sarebbe auspicabile imparare a conviverci, assumendoselo come occasione per trasformare uno scontro in un incontro.

È proprio il caso di dire: «Ojala!», ricorrendo all’uso di questo magico termine della lingua spagnola (di difficile traduzione), che racchiude insieme probabilità, desiderio, speranza, fiducia, sogno, utopia. Magari volesse il cielo che…!

Se non c’è tensione non siamo in presenza di un conflitto, ma di una semplice divergenza.

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