LA PAROLA

Desiderare

Si può desiderare solo ciò che non si possiede e l’assenza è quindi il motore del desiderio. Desiderare è molto più che volere, è ricercare intensamente qualcosa di bello, di buono, che può dare un appagamento materiale o un godimento psichico o sessuale.

Il desiderare è qualcosa che ha molto a che vedere con le stelle, non tanto e non solo per l’abitudine romantica di formulare un desiderio guardando la volta stellata o una scia cadente nel cielo notturno estivo. L’etimologia ci dice infatti che il significato originario di questo verbo è quello di togliere lo sguardo dalle stelle, essere privato della visione delle stelle: dal suffisso latino de-, con valore privativo, e siderare, cioè guardare le stelle (da sidus, stella). Per gli antichi, specie per chi andava per mare, l’assenza di stelle in cielo non poteva che provocare un intenso desiderio. Al contrario, considerare (dal latino cum e siderare) significava in origine guardare fissamente le stelle constatandone la presenza e quindi, oggi, vuol dire prendere in esame con grande attenzione.

Il contrario di desiderare, secondo i vocabolari, è disprezzare. Ma si potrebbe anche dire che è possedere: quando si possiede, di solito non si desidera più. Per spiegarlo meglio possiamo scomodare Proust: «Il desiderio fa fiorire ogni cosa; il possesso rende tutto logoro e sbiadito». Il desiderio sessuale ha il merito di godere della coazione a ripetere: una volta appagato si può riproporre inalterato, o anche maggiorato, nei confronti della stessa persona.

Per tornare al legame tra il desiderare e le stelle, pensiamo alla tradizione della notte di San Lorenzo, il 10 agosto, quando si scruta la volta lontano dalle luci delle città per catturare una stella cadente a cui affidare i propri desiderata, in rigoroso segreto perché – si dice – i desideri rivelati ad altri non si avverano. In realtà si tratta di un fenomeno che ha una spiegazione scientifica: le stelle cadenti che osserviamo alle nostre latitudini in quel particolare periodo dell’anno sono le Perseidi, uno sciame di meteore rilasciate durante le orbite di una cometa. Quelle che per noi, immersi nella tradizione cristiana, sono le “lacrime di San Lorenzo”, per i pagani romani erano gocce di sperma del dio Priapo che in tal modo fecondava i campi.

«Non si desidera ciò che è facile ottenere», sosteneva Ovidio. E questa è la regola principale della seduzione, a sostegno di quella che può parere una banalità: in amor vince chi fugge. Non per nulla si dice «farsi desiderare» per significare che in questo modo ci si rende preziosi e, quindi, più ambìti. L’importante è non lasciare a desiderare perché vorrebbe dire che non si è stati all’altezza delle altrui aspettative.

Tra i dieci comandamenti ce ne sono due che parlano chiaro: non desiderare la roba d’altri e non desiderare la donna d’altri. Per il Signore anche solo desiderare di compiere un furto o un atto impuro è peccato, quasi a dire che tra il desiderare e l’ottenere spesso c’è un confine (morale, più che materiale) molto labile.

Se fossimo saggi, ci faremmo bastare il detto di Oscar Wilde: «La felicità non è avere quello che si desidera, ma desiderare quello che si ha». Proprio così: desiderare quello che si ha. Sembrerebbe un esercizio zen, da ricordarsi sempre di praticare. Purtroppo quasi sempre ce ne dimentichiamo e ci si accorge di desiderare qualcosa o qualcuno quando non lo si ha più. Ma quella è un’altra parola: si chiama rimpianto.

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