LA PAROLA

Pibìnco

Quale sia il motivo scatenante per cui mi è stato chiesto di scrivere sulla parola in lingua sarda “pibìnco”, è cosa, per me, ancora oscura, ma tant’è. Pibìnco è una parola in limba (non dialetto) che, al pari di “ajò” ed “eja”, si sta creando un posto nell’idioma italico. Infatti, non è così difficile sentire un piemontese o un lombardo pronunciare un ajò  (pari ad un  «andiamo» in tutte le sue varianti) che con il proprio dialetto, oltre che con la pronuncia (solitamente calcata e raddoppiata nelle consonanti) nulla ha a che fare. E non è così inusuale, da racconti che mi sono stati fatti, che turisti tornati nel proprio territorio natio dopo solo due settimane passate in Sardegna, avessero acquisito come formula affermativa l’espressione eja; dando per scontato che la persona a cui era rivolto, fosse in grado di intenderlo. È capitato così che, ad un esterrefatto cameriere veneto, alla domanda se il cliente (appena rientrato dalle vacanze in Sardegna) avesse gradito degli assaggi in attesa di quanto ordinato e scritto scrupolosamente nella comanda, convinti di essere capiti, si sia risposto con un sonoro e marcato «eja»  al posto di un «sì, grazie»

Pibìnco è una parola non ancora così conosciuta, ma, vista la richiesta di scriverne, forse, la sua divulgazione nonché italianizzazione è in germoglio. Al momento posso darlo come dato certo limitatamente al territorio tosco-lombardo-veneto.

Ma cosa vuol dire pibinco?

Come sostantivo femminile, pibìnca, significa: seccatura; molestia (se ne capirà il motivo più avanti). «Lassamì con custa pibinca» ovvero: «Smetti di seccarmi». O ancora: «I te pibinca chi ses!» che vale per: «Come sei seccante».

Pibìnco, è anche aggettivo e quando è riferito ad una persona, della stessa si vuol dire che è seccante, noioso, e anche molto, molto preciso. Scrupoloso sino all’eccesso. Fastidioso, seccante, noioso, come si diceva. Il pibìnco è quella persona che, non solo fa le cose meglio degli altri proprio per la sua presunta e vantata scrupolosità, ma ci tiene anche a fartelo notare. Ce l’ha nel sangue quello di fare tutto bene. Di essere preciso in tutto. Precisione nel parlare e nel fare. La classica persona che i puntini mancanti sulle “i”, a lui non mancano mai. Ne ha con sé sempre una buona scorta. Non perché servono a lui; no no…non si sa mai che possano essere utili a qualcuno non così attento come lo è lui. Lui è uno pignolo e che i suoi puntini sulle “i” ci siano sempre e ben piazzati, è cosa di cui lui ha molta cura. È un pibìnco! Non lo sarebbe altrimenti. È più che sicuro che non esce da casa se prima non si accerta di averne con sé in abbondanza. Non può essere che lui il fautore del detto: «Consizare sos ignorantes esti opera meritoria», è opera di carità consigliare gli ignoranti. 

È il tipo che non si fa nessuno scrupolo ad usare una livella a bolla per verificare se il rotolo della carta igienica è perfettamente in linea retta con la fuga della mattonella su cui è montato e che non penda da una parte o l’altra del suo asse. Altrimenti la carta si srotola storta e arriva alla fine del rotolo non perfettamente in linea con l’ultimo strappo. Sai che seccatura per il pibìnco! La perfezione e la precisione è il suo dogma. Lui è talmente “perfettino” che riesce a temperare persino la punta agli spilli. È colui che arriva a spaccare il capello, non in quattro e nemmeno in otto, ma nel multiplo di trentadue.

Il pibìnco quando scrive usando un computer è molto esigente e preciso nello stabilire che le virgolette, quelle che aprono un dialogo, devono essere rigorosamente quelle basse (« »), dette francesi, caporali o sergente e non quelle singole (‘ ’), dette anche apice o all’inglese o alte e quando sono doppie (“ ”) sono dette italiane. È quello che bagna l’acqua per sentire se è bagnata. Ed è quello che si mette in mezzo ad una discussione per correggere/puntualizzare quello che sente dire. Insomma: un vero e proprio perfezionista e rompiscatole elevato alla massima potenza. Per un po’ si riesce anche a tenerlo bada. Poi, per zittirlo per accontentarlo, con la speranza che molli la presa della perfezione, gli si dice: «sì…», «ma sì…», «ma certo, va bene ». Giusto per dargli corda. Ma lui non demorde. Non è che lo liquidi con così tanta nonchalance. Oltre che pibìnco è anche molto testardo. E in effetti non può essere che così. Può uno accomodante essere pibìnco? È nella sua natura pibìncosa essere pibìnco. Molto tosto, peggio della radice del ginepro, e quando di pazienza non ce n’è più e lui non la smette, si è costretti a mandarlo a… «farsi un giro» prima che sia lui a farti venire non il mal di pancia, ma, come si dice da noi in limba  «unu dolori e cù che su dolori e brenti esti diareru una passillara».

Ovviamente come è nella nostra tradizione, nel nostro modo di essere, il quadro che si fa per personaggi di questo genere, per non passare a nostra volta da pibìnchi è naturalmente e quasi sempre canzonatorio.

 

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