LA PAROLA

Dignità

«Non poter portare il pane a casa toglie la dignità». In maniera illuminante, e verrebbe da dire (siamo a rischio scomunica, ma tant’è) progressista e di sinistra, Papa Francesco ci spiega cosa non è, oggigiorno, dignità. «Il primo bene di un popolo è la sua dignità», chiosava Camillo Benso, Conte di Cavour. «La delicatezza e la dignità non s’imparano dal maestro di ballo ma alla scuola del cuore»:  Fëdor Dostoevskij.

Concetto politico la dignità, sancito dalla Costituzione, all’articolo 3 – peraltro uno dei più bistrattati – :  «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». La considerazione in cui teniamo noi stessi, e come essa si traduce in comportamenti responsabili, misurati, equilibrati è la dignità personale. Sinonimo di rispettabilità e decoro, di chi porta rispetto a sé e agli altri. Di coloro che, consapevoli del proprio valore morale, si comportano in maniera conseguente.

Dignità e umanità sono considerati termini sovrapponibili, collegati alla libertà dell’individuo di potersi esprimere senza vincoli legati a ragioni di Stato piuttosto che a interessi superiori. Ugualmente si riconosce dignità alle alte cariche dello Stato, politiche ed ecclesiastiche quando chi le ricopre agisce per il rispetto della dignità umana.

La concezione cristiana, e Tommaso D’Aquino in particolare, hanno fatto propri la concezione stoica della dignità: l’uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio e come tale ha la capacità di orientare le proprie scelte in una continua tensione etica verso Dio. Nel Rinascimento il concetto di dignità venne ripreso in maniera polemica contro la dottrina della Chiesa: l’uomo, essere dalla natura indeterminata, compie in assoluta autonomia le proprie scelte di vita. Per Kant, la dignità dell’uomo sta nel suo essere razionale e capace di vita morale, ed è ciò che gli impone di agire sempre “in modo da trattare l’uomo, così in te come negli altri, sempre anche come fine e mai solo come mezzo”.

Venendo al XX secolo, nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 si legge che «l’unico e sufficiente titolo necessario per il riconoscimento della dignità di un individuo è la sua partecipazione alla comune umanità». Il principio di uguaglianza e non discriminazione, fondato sul riconoscimento della pari dignità ontologica di ciascun uomo, costituisce, infatti, il cardine della moderna civiltà giuridica e dello stato di diritto. Ogni persona, pertanto, è tutelata dal diritto in maniera diretta e immediata in virtù del valore autonomo e intrinseco della sua dignità. O, almeno, così dovrebbe essere…

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