LA PAROLA

Flusso

La città si sta svegliando, è mattina, il sole comincia timidamente a scaldare l’aria. Si aprono le porte del treno e un flusso di persone si riversa nelle carrozze, lottando strenuamente per un posto a sedere, magari per quello vicino alla presa della corrente. Una marea umana incontrollabile, che osservata dall’alto sembra quasi un liquido che cerca di adattarsi al contenitore che lo contiene.

E proprio il liquido scorre, segue il suo flusso, lungo il condotto o su una superficie. In senso proprio, infatti, la parola “flusso” significa «scorrimento di un liquido o altro fluido su una superficie o attraverso un determinato condotto e, con valore concreto, la quantità stessa di liquido ecc., che fluisce» (dal vocabolario Treccani). La stessa parola si ritrova in altri settori scientifici, dalla biologia (in questo caso significa «migrazione ricorrente di geni tra popolazioni adiacenti») all’economia («insieme di beni o di attività finanziarie che si formano, trasformano o scorrono in un determinato periodo di tempo, in genere come contrapposto a fondo»), passando per la fisica (in questo caso, il significato originario, prevede che il flusso sia «volume di un fluido che passa, nell’unità di tempo, attraverso una superficie»). Una parola, questa, che si ritrova in varie contesti, che si adatta con la sua fluidità a situazioni diverse; una parola quasi onomatopeica, che già nei suoi suoni richiama il suo carattere di fluidità, scorrevolezza, in una sorta di impalpabilità.

Siamo oggi immersi in un flusso di notizie, di messaggi, di stimoli, di informazioni. Un turbinio continuo dal quale è difficile, molto difficile, sottrarsi, perché il liquido scorre, fluido, e accetta malvolentieri gli ostacoli che gli vengono posti lungo la via.

«Nel flusso indefinito del tempo e degli stati d’animo, gran parte della storia è incisa nei sensi. E cose di nessuna importanza, insostituibili, ritornano così all’improvviso, in un caffè d’inverno». Banana Yoshimoto

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