LA PAROLA

Foglia

I ragazzi dei miei tempi conoscevano la foglia morta che non era quella della tristezza del soldato di Giuseppe Ungaretti il quale ci raccontò la fragilità di chi «sta come d’autunno sugli alberi le foglie». Suscitava grandi entusiasmi, in quei ragazzi, la loro foglia morta: un pallone calciato magistralmente a palombella che finiva nel secco. Si chiamava Mariolino Corso l’uomo dal cui piede sinistro si staccava la foglia che, allo stesso modo, anni dopo immaginammo di veder volteggiare nel cielo come la piuma di Forrest Gump. Più tardi, crescendo, quei giovani conquistarono la conoscenza di altre foglie, addirittura le mille della torta che le loro mamme sapevano cucinare benissimo. Loro la divoravano, ignari che la foglia si può più gustosamente e intelligentemente mangiare. Roba da gente vispa. Forse a scuola quando una frase oscura diventò familiare essi cominciarono a mangiar la foglia. Un successo, una conquista, l’inizio dell’età in cui spuntano i denti del giudizio e si smette di tremare come una foglia quando la professoressa ci chiama alla cattedra per interrogarci e verificare se davvero abbiamo sfogliato il libro di storia, di filosofia o quello dei matematici greci. Un po’ più tardi per merito, per burla o per costume quella generazione ha alzato il capo per indossare una corona di foglie nobili, foglie di alloro. La cerimonia del loro agognato pezzo di carta. Solo nell’età matura è capitato invece di imparare a conoscere anche altri arbusti, quelli dei momenti in cui si è costretti a subire il proverbio della «foglia che si muove solo se qualcuno lo voglia».  Lassù nell’alto dei cieli ma spesso anche nei più terreni bassifondi dell’impegno quotidiano. Allora magari i più accorti hanno cercato rimedio e imparato a ripararsi con la foglia di fico che notoriamente copre poco e non sempre cela le vergogne. Col cuore e ahimè anche col portafoglio è successo di festeggiare e di regalare a chi si ama qualcosa che luccica e che l’orafo sotto casa ha vivamente consigliato decantando la foglia d’oro. Autunno dopo autunno tante foglie sono state calpestate e piano piano, secondo l’ineluttabile destino comune, ognuno ha purtroppo avuto anche le proprie ultime foglie, in mezzo ai fiori e alle fasce con gli ultimi amorevoli ricordi.

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