LA PAROLA

Idoneo

Idoneo. Era stato dichiarato idoneo al servizio Luigi Capasso, 45 anni, carabiniere originario di Napoli, residente a Cisterna di Latina, che all’alba di un giorno freddissimo di questo inverno che non vuole ancora finire, ha sparato tre colpi di pistola a sua moglie, la signora Antonietta Gargiulo, di anni 39, poi ha preso le chiavi di casa dalla borsa di lei e si è introdotto nell’abitazione in cui, fino a qualche mese fa, viveva con la sua famiglia, per uccidere le sue figlie, Alessia e Martina, di 13 e 7 anni, e infine, dopo alcune ore di “trattativa” con le forze dell’ordine, si è tolto la vita con la stessa arma con cui aveva ucciso le bambine, la sua pistola, l’arma di ordinanza.

L’aggettivo qualificativo “idoneo” resta lì, scritto su un documento ufficiale, attestante la possibilità di proseguire il suo servizio di carabiniere per Luigi Capasso, sottoposto ad una visita specialistica, che consta di colloqui e della somministrazione di test da parte di uno psicologo clinico. Il soggetto, dichiarato idoneo, quindi è stato considerato in grado di poter detenere un’arma.

Il termine viene dal tardo latino della seconda metà del XIII secolo, idonĕus, e indica «colui che possiede qualità o requisiti funzionali, d’obbligo o di convenienza per esercitare un ufficio, compiere una funzione o un lavoro». Ma, nonostante il pezzo di carta, purtroppo non è andata così; chi aveva l’idoneità per portare un’arma, da usare in difesa della sua persona e di terzi, chi doveva proteggere i membri della comunità, per esplicita mission del suo lavoro, ha pianificato la strage della sua famiglia, come si sospettava già dalla dinamica dei fatti e com’è stato confermato dal ritrovamento di alcune lettere rinvenute nell’appartamento dove vivevano le due vittime innocenti.

Va dunque ricalibrato il modus operandi per attestare e concedere questa particolare idoneità, attestata e concessa, e non è la prima volta, a soggetti che avrebbero meritato una più attenta valutazione psicologica, ancor meglio se psichiatrica. In questo caso particolare, magari l’esame della situazione avrebbe dovuto essere ripetuto in altre occasioni, subito dopo gli esposti della moglie del Capasso, subito dopo le dichiarazioni della figlia maggiore a chi le ha prestato le cure necessarie per gli attacchi di panico, dei quali soffriva, a seguito dei comportamenti violenti del padre nei confronti di sua moglie.

Mentre il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, come si legge dalle dichiarazioni ufficiali, sta avviando un’inchiesta per accertare «se le autorità gerarchiche e sanitarie competenti a valutare il comportamento e la condizione psicofisica dell’appuntato Luigi Capasso avessero elementi sufficienti per prevedere quanto purtroppo è accaduto, nonché se sia stato fatto tutto ciò che la legge consentiva a tutela della consorte e, per estensione, dell’intero nucleo familiare», lo stesso ministro dell’Interno, Marco Minniti, si esprime sulla tragica vicenda in modo inequivocabile: «Quello che è avvenuto è inaccettabile. Innanzitutto per me, per le mie responsabilità. Perché su queste questioni ci sono troppe sottovalutazioni». E ha aggiunto: «Potrei cavarmela dicendo che non c’era stata una denuncia, e quindi non si è messo in moto il meccanismo, ma non voglio nascondermi dietro le formalità».

Queste tre foto narrano il percorso finale della vita di un uomo, un percorso i cui esiti ci fanno gelare il sangue. Nella prima foto, Capasso è ritratto con la moglie e le figlie, #happysunrise si legge nella scritta col cancelletto da hastag, stile social, che tiene in mano Alessia, la maggiore delle bimbe; nella seconda foto ci sono le tre donne della famiglia da sole, poiché la madre era in attesa di separazione giudiziale, l’udienza era prevista per il 29 marzo, e quei tre volti sorridono, nella speranza di non dover avere più paura, perché il nemico della loro serenità non era l’uomo nero della filastrocca popolare, ma era il loro stesso marito e padre; nella terza si vede un negoziatore che tenta di convincere l’appuntato ad aprire la porta di casa, quando ancora si pensava che le due bambine potessero essere ancora vive, e sul balcone adiacente, Luigi Capasso, solo. Aveva deciso di negare la vita a coloro che l’avevano escluso dalle loro vite. Aveva sparato alla moglie alle cinque del mattino, aspettandola sotto casa nell’ora in cui la donna andava al lavoro, riducendola in fin vita, le aveva sottratto le chiavi di casa, nuove chiavi, nuova serratura, prudenza che nasce da un serio terrore, era entrato nell’appartamento, aveva ucciso le sue figlie ed era solo, con la sua pistola. Già pluriassassino, ma idoneo.

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