LA PAROLA

Incazzato

Fatevi una domanda alla Marzullo: «Siamo un popolo che sa vivere?» I dizionari e più ancora la lingua parlata nelle strade ci condannano senza appello. Provateci, ma di sicuro neanche riuscirete a contare tutte le espressioni che indicano un nostro stato d’animo tutt’altro che sereno. Non vi sarà invece difficile circoscrivere il lessico dei vocaboli per indicare le nostre (evidentemente rare) happy hours come direbbero quelli bravi che confondono Dante con Shakespeare.

Alt, non traete giudizi affrettati: non siamo un popolo triste, semplicemente, e di sicuro, siamo invece un popolo perennemente incazzato. Un aggettivo – si noti – che fino a poco tempo fa trovava ospitalità solo nei giornalacci da quattro soldi quando invece oggi è prepotentemente entrato nei salotti chic delle Tv, sui social e nei giornaloni della buona borghesia. Per forza, l’incazzatura è ormai come le medicine di cui non si può fare a meno: a colazione, pranzo e cena. E il termine incazzato gioca da titolare indiscusso in ogni riferimento all’umore nero e allo spirito inquieto.

Ma la “squadra”, come si accennava, ha una rosa di aggettivi che è più ampia e titolata di quella della Juve. Nel recente passato primeggiava, per largo uso, il termine arrabbiato che oggi resiste tra le persone educate o nelle conversazioni che avvengono lontano dalle banchine dei porti. Il riferimento originario era evidentemente alla rabbia, una malattia che rovinava la vita agli esseri a sangue caldo e che era detta anche idrofobia. Tanto che quelli colti spesso, durante l’incazzatura, si autodefiniscono idrofobi.

Gli animali ci regalano anche altre opportunità per descrivere il nostro stato d’animo negativo. Così troviamo chi è imbufalito o più semplicemente imbestialito o anche inviperito. Roba che evidentemente ha reminiscenze nel “lupo cattivo” più che nei nostri modesti amici domestici che al massimo possono miagolare o abbaiare. Il termine furia, che è un’eccitazione momentanea, ci riporta alle incazzature intense ma brevi dei furibondi o degli infuriati che sono anche pericolosi perché non di rado perdono la testa. Della stessa natura è il feroce aggettivo adirato che richiama l’ira, addirittura considerata dalla Chiesa un vizio capitale che può perfino legarsi alla vendetta. Roba contrarissima, quindi, al perdono cristiano. Meno usato e forse perfino meno forte è incollerito che nasce dalla collera classificata dalla Treccani come «umore bilioso», ma più o meno simile all’ira.

Chi ha usa espressioni tipo perdindirindina non si incazza ma si incavola. L’incavolato, secondo gli studiosi, ha la sua culla proprio nel cavolo e in esclamazioni tipo «Ma che cavolo vuoi!». Interpretazioni da prendere per buone per quel che costa, ma forse pertinenti come il cavolo a merenda.

Quelli stizziti hanno invece la loro mamma nella stizza che non è lo stato d’animo degli incazzati tradizionali ma degli indispettiti, dei risentiti, di quelli che in sostanza portano il muso per tempi variabili in relazione alla costanza del loro carattere.

Infine non si incazzi chi, per le proprie sfuriate, reclama aggettivi – sicuramente molti altri – che non ho riportato. Il mondo dell’umore nero è troppo vasto e troppo variabile nei tempi per la mia limitatezza.

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