LA PAROLA

Sarrismo

Arriva dal mondo del pallone, l’ultimo curioso neologismo, appena inserito nel vocabolario della lingua italiana Treccani. Sarrismo, dal nome di Maurizio Sarri, ex allenatore del Napoli, attualmente in Inghilterra, sulla panchina del Chelsea. L’annuncio è stato dato il 14 settembre scorso via Twitter, proprio dalla celebre enciclopedia, che sceglie periodicamente, soprattutto dal mondo dei media, le parole coniate da giornalisti, politici, intellettuali, poi diventate di uso comune: «primo trofeo stagionale per Maurizio Sarri – si legge nel tweet della Treccani -la sua filosofia di gioco, il sarrismo, si aggiudica l’ambitissimo ingresso tra i nostri neologismi», nella settimana 10-16 settembre, insieme a burraco, furbetto del cammino, partito orchestra, torsonudismo.

Il termine, dunque, deriva dalla filosofia di gioco dell’allenatore toscano, spettacolare, mai banale, caratterizzata da movimenti particolari e veloci, schemi offensivi e difensivi studiati e ripetuti mille volte nelle sedute di allenamento. Una scuola di pensiero che, per gli appassionati del pallone, ha rivoluzionato il calcio. «Grande bellezza», azzarda qualche quotidiano nazionale.

L’introduzione del termine nelle pagine della Treccani fa sorridere e riconduce alla vicenda di petaloso, anche in questo caso abilitato dalla storica enciclopedia e di cui, alla fine, non si è mail del tutto capito il significato in altri campi che non siano quelli della floricoltura. Tant’è che oggi nemmeno più se ne parla.

Come applicare, dunque, la parola sarrismo ad altri ambiti oltre il calcio, senza snaturarne il significato tanto strettamente legato al Sarri personaggio, più che allenatore? Si possono avanzare delle ipotesi sui futuri usi: il sarrismo potrebbe essere l’atteggiamento di chi va controcorrente, è anti-sistema, non solo nel senso di diverso e unico, ma in quello di persona autentica, schietta, non pilotata, che rifiuta ogni tipo di convenzione. Un anarchico post-litteram, anche un po’ sfacciato, sicuro di sé, ma consapevole dei propri limiti e di quelli della fama del momento; che si disinteressa del contorno del mondo in cui si muove e lavora, ma che di questa indifferenza si alimenta. Alla fine, forse, uno snobismo al contrario, ma intelligente, solo in apparenza inconsapevole, anzi, per usare un ossimoro, studiatamente spontaneo. Leggermente paraculo, insomma (non me ne vogliano i sarristi di ogni tempo e di ogni luogo)

Resta da chiedersi se Sarri sia consapevole delle supercazzole che si sprecano da qualche giorno intorno al suo nome, al sarrismo e ai suoi schemi tattici. E se lo è, di certo se ne frega, godendosi la meritata fama.