LA PAROLA

Inedito

Inedito è il manoscritto dello sconosciuto e l’opera postuma dell’illustre autore scoperta fra le sue carte o artatamente manipolata spulciando nei suoi cassetti, un testo comunque alla sua prima apparizione, di cui ancora non si sa niente e per estensione la persona stessa i cui lavori non siano ancora usciti da una tipografia nella quale si sia impresso il frutto del suo pensiero per poi diffonderlo e così metterlo a disposizione di chi voglia leggerlo.

Questo è un inèdito, dal participio passato del verbo edĕre, edĭtus, preposto dalla particella in- a negarne la pubblicazione, l’esser stato dato fuori, il poter comunicare, cioè esser condiviso. Sta insomma a dire non ancora pubblicato, non divulgato per mezzo della stampa oppure, appunto, per la prima volta, passato dalla rotativa e poi mandato in libreria, non ancora di dominio pubblico o in punto di esserlo ma rigorosamente senza che mai prima ciò fosse avvenuto. È ovvio quindi che l’annuncio di un inedito porta di lì a poco un edito. Viene usato tanto come aggettivo quanto come sostantivo, intendendo appunto tanto l’autore quanto la sua creazione. Si può forzarne il senso, riferendosi ad un comportamento originale o inconsueto, per sottolinearne la bizzarria, l’estrosità.

Restando agli scritti in attesa di pubblicazione, ovunque essi siano giacenti, inquieta saper che fra di essi possano nascondersi capolavori destinati a restare in eterno inediti.

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