LA PAROLA

Infinito

Quanto è infinita questa parola di cui salutare è farne un uso finito, vale a dire parco e limitato. Parola che può essere raffigurata con il simbolo che compare sopra e i cui significati possono essere letti nell’omonima voce del Vocabolario Treccani  on line senza che qui ci si dilunghi.

È sufficiente leggerne il senso che esattamente 2 secoli fa ad essa dette un poeta di capacità infinita: Giacomo Leopardi. Il dodicesimo dei suoi Canti si intitola proprio L’infinito. Ecco il testo:

Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m’è dolce in questo mare.

Oltre a leggere gli splendidi libri che su quel poeta hanno scritto Cesare Luporini  e Sebastiano Timpanaro, qui si suggerisce la lettura che ne ha fatto Eraldo Affinati, sul “Venerdì di Repubblica” del 18 gennaio scorso .

Sì, siamo finiti, ovvero alla fine e con molti limiti, primo dei quali quello che ad un certo punto toccherà anche a noi. Ma l’infinito esiste e contribuiamo tutti a renderlo possibile.