LA PAROLA

Intercettazione

Secondo il vocabolario Treccani: «Mezzo di ricerca di prova disciplinato dagli art. 266-71 c.p.p. Consiste nella possibilità di prendere cognizioni di comunicazioni telefoniche o di comunicazioni tra persone presenti (cosiddetta intercettazione ambientale) attraverso idonei strumenti tecnici, via cavo o via etere, e all’insaputa di almeno uno degli interlocutori.

Posta l’inviolabilità di qualsiasi forma di comunicazione (art. 15 Cost.), l’intercettazione è consentita nei procedimenti relativi ai seguenti reati: delitti non colposi per cui è prevista la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore al massimo a 5 anni determinata dall’art. 4 c.p.p.; delitti contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni determinata a norma dell’ art. 4 c.p.p.; delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope; delitti concernenti le armi e le sostanze esplosive; delitti di contrabbando; reati di ingiuria, minaccia, usura, abusiva attività finanziaria, molestia o disturbo alle persone a mezzo del telefono; delitti di pornografia minorile di cui all’art. 600 ter, co. 3, c.p.».

Strumento fondamentale per le indagini della Magistratura cosi come è fondamentale consentire alla stampa di farne uso per informarne l’opinione pubblica degli abusi che il potere politico compie quotidianamente contro gli interessi pubblici.

Con l’avvento della telefonia, sono nate le stazioni di intercettazione, in genere militari, che ebbero grande sviluppo durante la prima guerra mondiale.

Con lo sviluppo di internet l’intercettazione telematica ha fatto sorgere da un lato attività lecite di informatica forense, dall’altro attività pressoché ovunque considerate illecite di spionaggio telematico.

Le intercettazioni ambientali sono realizzate principalmente con l’impiego di microspie, microfoni direzionali, microfoni a contatto e telecamere nascoste.

Le microspie propriamente dette sono microfoni occulti idonei a captare i suoni e trasmetterli via cavo o via radio a una idonea stazione ricevente, ovvero immagazzinare quanto captato in memorie che verranno lette (o, gergalmente, “sbobinate”) lontano dal punto di cattura.

Le telecamere ovviamente hanno una funzione del tutto analoga relativamente alle immagini che sia possibile catturare dal punto di osservazione, e in genere comprendono al loro interno quanto necessario per svolgere lo stesso compito per l’audio.

Le intercettazioni sono state in più occasioni al centro di avvenimenti storici forieri di conseguenze di grande portata, come ad esempio avvenne per lo scandalo Watergate, che nel 1972 costrinse alle dimissioni il presidente degli Stati Uniti d’America Richard Nixon.

Nel 2013 sempre gli Stati Uniti sono stati al centro del cosiddetto Datagate, riguardante intercettazioni abusive di massa condotte da enti strategici di quel paese.

Il rapporto tra il valore della conoscenza e quello della riservatezza ha anche sollecitato una giurisprudenza di bilanciamento tra i due interessi, tentata a livello sovranazionale dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Nel nostro Paese le intercettazioni sono state oggetto di confronto aspro tra Magistratura e Politica in particolare per limitarne l’uso da parte della stampa ledendo in questo modo il diritto dell’informazione.

In questo quadro va inserito il decreto Legge dell’attuale governo che con l’obiettivo di disciplinare l’uso e la pubblicazione delle intercettazioni nasconde una grande ipocrisia: silenziare la stampa assestando un vero colpo alla libertà di informare, ennesimo decreto che nei fatti ha totalmente esautorato il parlamento dalle sue prerogative su di una materia estremamente delicata.

Lo scopo è quello di far prevalere la riservatezze delle notizie su altri diritti fondamentali come quello di informare i cittadini.

In discussione non ci sono le conversazioni irrilevanti ai fini dell’indagine o quelle privatissime tra due soggetti. Non si tratta di non prestare le dovute garanzie a chi è estraneo alle indagini o viene coinvolto solo incidentalmente: È evidente che tutte queste cose debbano essere stralciate dai processi e dai giornali.

I colloqui che i magistrati hanno dichiarato rilevanti devono essere portati a conoscenza dell’opinione pubblica. Dialoghi che gli inquirenti hanno già dichiarato rilevanti e decisivi per la prosecuzione del processo, prove da utilizzare per dimostrare la colpevolezza di un indagato.

E, allora, come è possibile che l’opinione pubblica ne debba essere tenuta all’oscuro? La rilevanza rimarcata in un atto giudiziario da un pm può diluirsi nell’irrilevanza rimarcata in un atto giudiziario quando si avvicina ai lettori?

L’interrogativo ha una sola risposta in gioco non c’è la privacy. L’obiettivo è semmai quello di arginare stampa e cittadini. Una scelta che sempre più assomiglia a un’ultima ondata che lascia con la risacca i detriti di una stantia difesa di chi è già forte.

La politica pensa che mettendo la mordacchia alla stampa limiti nei fatti la coperture delle proprie malefatte; non si rende conto che alimenta, invece, sempre più il distacco tra amministrati e amministratori, tra cittadini e istituzioni. Così cresce l’antipolitica, il primo carburante del populismo.

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