LA PAROLA

Paura

Niente paura, questa è solo uno delle emozioni primarie che accomuna l’uomo e gli animali. Viene dal latino pavor, rifatto con il suffisso –ura, che indica appunto quel senso di smarrimento, angoscia o repulsione che si prova davanti a un pericolo reale o anche solo immaginario. La paura si manifesta con reazioni fisiche specifiche come batticuore, pallore, brividi, rizzarsi dei peli corporei, stretta allo stomaco, tremore, fiato corto, sudorazione eccessiva, battere dei denti.

È l’amigdala, una piccola regione del lobo temporale mediale del cervello, il luogo dove si formano e prendono vita le paure. Lesioni in questa zona possono produrre l’incapacità di percepire lo stimolo della paura, una patologia neuropsicologica chiamata sindrome di Klüver-Bucy.

La paura primaria è quella della morte, ed è tremendamente reale. Vi sono poi innumerevoli paure irrazionali come quella del diavolo, degli spiriti, dei defunti, dei tuoni e così via. Ci sono quelle tipiche dell’infanzia: del buio, di essere abbandonato, di rimanere solo, della morte dei genitori. Ci sono quelle insolite, che confinano con le fobie, cioè forme patologiche di paura: delle farfalle, degli spaghetti, del colore nero, delle statue, dei teatri e infinite altre. L’unica soluzione è imparare a convivere con le proprie paure.

Sinonimi di uso comune sono fifa, spaghetto, strizza, tremarella, batticuore. Ci sono varie gradazioni della paura: si va dallo spavento all’orrore, al ribrezzo e al raccapriccio passando per il panico, lo sgomento e l’angoscia. A tutte le età si viene assaliti dalla paura prima degli esami. Ma c’è chi ha paura di tutto, anche della propria ombra. Può essere frutto di una brutta esperienza: è la paura appresa, tipica degli animali. Si suol dire che chi è stato scottato dall’acqua calda ha paura anche di quella fredda.

Il termine può essere usato in senso iperbolico, sia in negativo sia in positivo: si dice «brutto da far paura», ma anche «ha gambe da paura» in segno di apprezzamento. Nella letteratura, la figura del pavido per antonomasia è Don Abbondio. «La paura fa 90» è un modo di dire che deriva dal gioco della tombola: nella Smorfia napoletana, infatti, il numero 90 corrisponde alla paura. Dalla cultura anglosassone abbiamo importato una festa, Halloween, che è tutta giocata su questa emozione. «Male non fare, paura non avere», si dice quando si è in pace con la propria coscienza. Una delle paure più inesplorate è quella cantata da Lucio Battisti: «Aver paura di innamorarsi troppo».

La paura è spesso un fardello, un limite, una parente dell’ignavia. La più bella frase sull’importanza di non avere timore è quella del magistrato ucciso dalla mafia Paolo Borsellino, ricalcata sul Giulio Cesare di Shakespeare: «Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola».

Fonti: Vocabolario Treccani

Wikipedia

 

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