LA PAROLA

Bugiardo

Nel Paese di Pinocchio – a detta della graduatoria pubblicata ieri nella rubrica “Il numero” con il titolo 200 milioni il libro italiano più diffuso al mondo – quello del bugiardo può essere considerato un carattere nazionale.

La parola bugia viene dal provenzale antico bauzia, di origine germanica, che significava frode, cattiveria. Bugiardo, colui che dice bugie, significa dunque falso, menzognero. Nel senso di ingannevole, questo aggettivo lo usava già Dante; ricordate «nel tempo de li dei falsi e bugiardi» di cui parla Virgilio nell’Inferno? E, a proposito di Dante: i bugiardi, i cosiddetti falsari di parola, vengono collocati nella decima bolgia, costretti a subìre febbri tremende, insieme a personaggi come Sinone, il greco che imbrogliò i troiani per far entrare nella città il cavallo di legno, e la moglie di Putifarre, personaggio mitologico che accusò un servo del marito di avere tentato di violentarla (in realtà era stata lei a concupirlo e lui l’aveva rifiutata, così dice la Bibbia).

Questi due esempi già ci mostrano che si può mentire per molte ragioni: per strategia, per tornaconto, per cattiveria, per vendetta. Insomma, ci sono sempre molte buone ragioni per dire una bugia. La scusa più sfrontata è l’affermare di mentire a fin di bene, per non ferire l’altro. Si va da «no, non sei grassa» a «ti sbagli, non c’è nessun’altra» a «non ti ho mai dimenticata». In realtà lo si fa solo per il bene di se stessi, per evitare grane. In seconda posizione, nella graduatoria dell’ipocrisia, vengono le cosiddette bugie bianche, quelle che non fanno male a nessuno. Del tipo: «Sono impegnato in riunione» (siete in pausa caffè), «ti sto ascoltando» (state progettando le vacanze), «ci vediamo presto» (non lo cercherete mai più).

Mentire è tipico dell’uomo (massì, anche della donna): gli animali non sono in grado di farlo. Secondo gli psicologi, si dicono bugie perché si è insicuri, per coprire parti di sé che non ci piacciono, per mancanza di autostima, per mostrarsi migliori agli occhi degli altri. In casi gravi si mente anche a sé stessi. Esemplare, in tal senso, il testo della canzone di Mogol-Battisti Non è Francesca: «Ti stai sbagliando chi hai visto non è / non è Francesca. / Lei è sempre a casa che aspetta me / non è Francesca. / Se c’era un uomo poi, / no, non può essere lei. / Francesca non ha mai chiesto di più / chi sta sbagliando son certo sei tu. / Francesca non ha mai chiesto di più / perché /  lei vive per me». E via così, ingannandosi e illudendosi. Le bugie dette a sé stessi sono quelle a cui è più facile credere. Lo scriveva meglio Dostoevskij nei Fratelli Karamazov: «Chi mente a se stesso e presta ascolto alle proprie menzogne, arriva al punto di non distinguere più la verità, né in se stesso, né intorno a sé».

Nei bambini, che imparano molto presto a mentire, spesso dire bugie ha a che fare la fantasia e la fantasticheria: è un modo per evadere, per creare mondi che non esistono, per vivere avventure altrimenti impossibili. Anche per consolarsi. La presenza di un amico immaginario, per esempio, non è una bugia: per il bambino esiste davvero. Poi ci sono le bugie dette per evitare una punizione, il classico «non sono stato io»: il vetro rotto dalla pallonata, il barattolo di marmellata vuoto, le manate di pittura sul muro.

Nel capolavoro di Collodi la Fata spiega a Pinocchio: «Le bugie, ragazzo mio, si riconoscono subito, perché ve ne sono di due specie: vi sono le bugie che hanno le gambe corte, e le bugie che hanno il naso lungo: la tua per l’appunto è di quelle che hanno il naso lungo». Da lì i modi proverbiali per dire che le bugie vanno poco lontano e si riconoscono facilmente dalla fisiognomica di chi le dice. Inoltre, si sa che «il bugiardo vuole avere buona memoria» perché è facile essere smascherati se non si è attenti a raccontare sempre la stessa versione. Ne sanno qualcosa i bugiardi patologici, personalità narcisistiche che vogliono sempre apparire al meglio, e quelli compulsivi che mentono per abitudine e non per raggiungere uno scopo preciso. Secondo il detto popolare, chi è bugiardo in una cosa è bugiardo in tutte: mentire sarebbe un’attitudine ben poco selettiva. E siccome la bugia è come una valanga, che più rotola e più si ingrossa, e una bugia tira l’altra, i bugiardi giurano più volentieri degli altri e non sono creduti neanche quando dicono la verità.

Soltanto in amore si è disposti a perdonare i bugiardi. Sommo testo sul tema la canzone Bugiardo e incosciente di Paolo Limiti e Joan Manuel Serrat interpretata da Mina, dove una donna medita di lasciare un uomo infantile e mentitore mentre lo guarda dormire e poi, appena lui si sveglia, risponde subito al suo richiamo: «Sono qui…». Da risentire, se non la ricordate.

Fonti: Vocabolario Treccani

Cortelazzo – Zolli, Dizionario etimologico della lingua italiana, Zanichelli

 

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