Dal latino platèa e dal greco plateia, ovvero: piazza, strada larga, ma anche lo spazio piano dove posa il fondamento di una fabbrica, ed anche, come viene detto in teatro, il luogo più basso dove stanno gli spettatori; così detto perché è la parte più spaziosa, simile, appunto, nella sua forma, ad una piazza.
Dal sostantivo platea, l’aggettivo plateale. Se il nome proprio di platea indica un luogo, una conformazione, l’aggettivo assume quasi esclusivamente, secondo tutti i vocabolari e dizionari consultati, valore negativo. Letteralmente: volgare, grossolano, smodato, triviale; di cosa fatta in modo eccessivo o esagerato per attirare l’attenzione altrui. Soffermandoci solo su queste prime definizioni, non può del resto che avere questo significato. Volgare è aggettivo di volgo (popolo, popolare, ma con una più accentuata sfumatura negativa); così come dalla parola piazza, nasce l’aggettivo dispregiativo piazzata; e si sa, volgo e volgare e piazza e piazzata sono due parole che indicano e intendono nel gergo comune, sì una situazione e un luogo, ma anche, in maniera prevalente, tutta quella moltitudine di persone senza arte né parte, caciaroni, grossolani, chiassosi, smodati; in una parola maleducati (i brutti, sporchi e cattivi di Scola, per intenderci), ovvero la parte più povera e più incolta del popolo, in contrapposizione alla parte socialmente più elevata.
Classe sociale, quella popolana – sin dal suo essere così definita – che affollava le piazze, cuore e centro di una comunità cittadina, dove quella contadina (zoticoni, incolti), si trovava per fare scambi di ogni genere, vendere i prodotti e animali portati dalle campagne e che, per essere venduti, “obbligavano” il richiamo a forme scomposte di gestualità e schiamazzi tipici di chi vuole attirare attenzione a sé. Non dissimile dal modernissimo marketing dei nostri giorni. Senza schiamazzi ma con forme più soft e insinuanti di quanto si possa pensare.
Platea quindi come piazza e plateale – ostentato, appariscente, smaccato, esibizionistico, scenografico –, per quanto concerne i comportamenti umani più sopra definiti. Per questo insieme di cose, plateale, non può che legarsi al teatro e alla teatralità. Teatro come luogo dove rappresentare, ad un volgo in platea, anticamente spettatore in piedi e poi più modernamente messo comodo a sedere, storie messe in scena in maniera, oltreché scenografica, esagerata ed esasperata nel linguggio e nella modalità espressiva, tipica proprio del volgo e della piazza a cui la messa in scena di una storia, era rivolta. Adattamento del linguaggio o, per meglio dire: proposta platealmente, appunto.
Che il termine plateale sia usato negativamente (forse senza neanche la consapevolezza di ciò che si porta dietro) viene evidenziato come prova inconfutabile, in ogni dizionario consultato, dai suoi sinonimi ma, soprattutto, dai suoi contrari, che sono: semplice, umile, nobile, eletto, distinto. Dirlo di una persona, per i suoi modi magari enfatici o di pathos che esprime mentre racconta, può avere il significato che sin qui, negativamente, da Treccani a qualsiasi altro dizionario o vocabolario alla mano, è stato espresso.