LA PAROLA

Malinconia

«La nostalgia è il rimpianto di un passato che è stato e non può tornare; ma la malinconia è diversa. È rimpianto di ciò che non è stato ma che sarebbe stato possibile, di un’altra vita non vissuta, di un amore che ti ha sfiorato senza fermarsi».

Composta da μέλας (nero)» e χολή (bile), e dunque propriamente “bile nera”, la malinconia è uno stato d’animo tetro, ma che, nella sua cupezza, racchiude una forma di contemplazione: non è la tristezza che fa vedere tutto nero e chiude le porte in faccia a qualsiasi altro sentimento, è una sfumatura sottile, una condizione particolare. Se si è malinconici si può essere nostalgici, meditativi, pensierosi, assorti, persino felici fino a pochi momenti prima. Basti pensare a quando si aspetta con fermento e trepidazione: i giorni precedenti sono carichi di aspettative, di fantasie e sogni e poi l’evento si verifica ed è bello come lo si era immaginato. Bene, una volta spente le luci e calato il sipario fa capolino, puntuale come una vecchia amica, la malinconia, che ricorda, implacabile, che le cose belle hanno un inizio e una fine, il tutto sta nel godersi ciò che accade durante.

Oppure, c’è malinconia quando qualcosa non succede, quando le cose non vanno come si sarebbe voluto, quando nonostante tanti sforzi, l’oggetto del desiderio sembra allontanarsi sempre di più. E allora un velo malinconico si posa su tutte le cose e lascia in bocca un retrogusto amaro difficile da far passare. C’è della poesia nella malinconia, gli animi malinconici sono stati in grado di produrre opere meravigliose, canzoni che sono passate alla storia, quadri densi di significato, romanzi composte da parole che toccano le corde del profondo. In una sorta di bizzarro controsenso per cui bisogna arrivare a provare la “bile nera” per essere ispirati.

Perché come cantava Francesco Guccini nella sua L’Avvelenata, «Se son d’umore nero allora scrivo frugando dentro alle nostre miserie:/di solito ho da far cose più serie, costruire su macerie o mantenermi vivo…».