LA PAROLA

Medioevo

Simone Martini, Guidoriccio da Fogliano

Letteralmente “età di mezzo”, Medioevo è un termine comparso per la prima volta nel XV secolo in latino che rifletteva il punto di vista degli intellettuali dell’epoca, per i quali il periodo che va, secondo la cronologia più trendy, dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente, nel 476, alla scoperta dell’America, nel 1492, avrebbe rappresentato, in opposizione al Rinascimento, una deviazione dalla cultura classica, esprimendo un’idea negativa elaborata in ambito umanistico, poi coltivata dall’Illuminismo e pure più avanti, fino agli sproloqui odierni, assai meno nobili di quelli del passato.

Epoca che, a dire la verità, non è neppure davvero esistita, perché questo arco di tempo lungo 1.016 anni, nonostante i grandi e complessi eventi capitati nei suoi 10 secoli, è stato delimitato artificialmente da chi aveva deciso che fosse stata un’immensa stagione “buia”. Infatti è come se, facendo un paragone coi tempi nostri, si inglobasse in un’unica età storica tutto ciò che è accaduto tra il 1002 ai tempi di Arduino d’Ivrea re d’Italia e il 2018 con Donald Trump presidente degli Stati Uniti, così che tra 500 anni i nostri lontani pronipoti confondano l’uno con l’altro in un minestrone di vaghe nozioni recepite qua e là.

Eppure il termine è in grande auge soprattutto fra i politici d’oggi giorno, dei quali è possibile offrire un rapido florilegio.

All’ormai ex padano Matteo Salvini (Lega) spetta l’onore e l’onere della prima citazione in salsa “medievalista”: «Mi fa schifo, è roba da Medioevo». Poi, ecco Roberto Speranza (Articolo 1 – MDP): «Salvini non tenti di riportare l’Italia al Medioevo». Luigi Di Maio (M5S): «I vitalizi sono un privilegio medievale». Riccardo Magi (Partito radicale): «Dalla rivoluzione liberale Berlusconi passa ufficialmente alla rivoluzione medievale». Silvio Berlusconi (Forza Italia): «La magistratura gode di privilegi medievali». Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia): «Piuttosto che andare verso la terza Repubblica stiamo tornando al Medioevo». Stefano Fassina (Liberi e Uguali): «Noi vogliamo una città moderna e all’avanguardia, non un ritorno al Medioevo». Beppe Grillo (M5S): «Viviamo nel Medioevo dell’energia». Nicola Fratoianni (Sinistra italiana): «Sui diritti civili siamo nel Medioevo». Matteo Renzi (Pd): «Hanno votato per riportarci nel Medioevo». E si potrebbe andare avanti all’infinito, scegliendo tra le ultime citazioni pseudostoriche di esponenti di ogni partito.

Ora basta, però: giù le mani dal Medioevo! Senza quell’età storica non saremmo culturalmente ciò che siamo: in Italia, in Europa e in gran parte del mondo “contaminato” dall’Occidente europeo. Non avremmo i nostri centri storici e i nostri castelli; non avremmo le più belle cattedrali; non ci sarebbero stati Dante e Giotto, Leonardo da Vinci e San Francesco, Federico II di Svevia e Lorenzo de’ Medici, Boccaccio e Petrarca e via elencando, meraviglia dopo meraviglia. Abbiamo persino ereditato molte invenzioni: le banche come le conosciamo oggi, gli occhiali, la bussola, gli orologi meccanici, i mulini ad acqua, la stampa a carattere mobile e via elencando.

Tuttavia le “accuse” più denigratorie – a colpi di “anni bui” e atrocità varie – hanno sempre grande audience: sono quelle ereditate da umanisti rinascimentali, illuministi settecenteschi o romantici ottocenteschi e persino da certa cinematografia novecentesca; poi sono state ricicciate all’ennesima potenza dall’avvento di tv e web. Oggi sono raccontate, in aggiunta, un sacco di falsità. Così bisogna ricordare che nel Medioevo cristiano europeo non ci sono stati lo ius primae noctis (né allora né dopo), la caccia alle streghe (semmai iniziata in epoca moderna e durata fino alle fine del Settecento), la paura dell’anno Mille come data della fine del mondo (chi viveva nel Mille non sapeva di… viverci, quindi non si poneva il problema), il Santo Graal (una leggenda, nata dal Perceval, poema scritto su commissione da Chrétien de Troyes tra il 1175 e il 1190) o il “leghista” Alberto da Giussano (personaggio inventato oltre un secolo dopo le sue presunte imprese dal frate Galvano Fiamma, vissuto nel Trecento, cappellano alla corte di Galeazzo Visconti) e altre amenità.

Comunque, contro l’opera di disinformazione va segnalata, nel nostro Paese, la lunga battaglia di storici come Giuseppe Sergi, Antonio Brusa, Tommaso Di Carpegna Falconieri e Raffaele Licinio. Forse bisognerebbe dare retta al medievista bolognese Massimo Montanari che – aprendo un convegno intitolato Medioevo e luoghi comuni – non ha usato giri di parole per affrontare il nocciolo della questione: gli stereotipi e le false immagini connessi all’idea stessa di quell’età storica sono così “veri” che la coerenza storiografica dovrebbe imporre una soluzione paradossale: «Eliminare il Medioevo dal nostro vocabolario sarebbe una soluzione radicale e forse traumatica – ha detto Montanari – ma personalmente la riterrei una conquista intellettuale». Perché, secondo lo storico, 500 anni fa venne provocato un trauma nella percezione del passato che dura tuttora.

Il problema oggi consiste nel fatto che stanno esagerando soprattutto i politici e i giornalisti, perché puntano il piede sull’acceleratore della superficialità: spesso gli uni contro gli altri armati, appaiono alleati nella semplificazione e nella ricerca di frasi fatte buone per tutte le stagioni. Risultato: viene maltrattato così tanto il nostro passato da produrre effetti deleteri sul nostro presente, a colpi di “secoli bui”, “nuovi barbari”, “scontri di civiltà” e “cacce alle streghe”: termini non di rado usati come mazze da baseball per segnare nuovi pregiudizi e nuove divisioni. Come se – tra lager, razzismi, stermini, pulizie etniche, guerre mondiali, bombe nucleari e altre atrocità – non fossimo noi contemporanei i veri mostri: roba da far accapponare la pelle a qualsiasi nostro antenato “medievale”.

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