LA PAROLA

Mercenario

È un soldato – dice la Treccani  – «che esercita il mestiere delle armi mettendosi al soldo di chi lo arruola temporaneamente». Esatto, un soldato al soldo. Un soldato assoldato. In definitiva, quindi, niente di più che un soldato. Perché è mercenario in quanto prende la mercede – il compenso, la paga – in cambio della sua disponibilità, non disponendo d’altre dispense o risorse, a usare le armi, a combattere e quindi, potenzialmente, anche a farsi ammazzare pur di portare a casa quella pagnotta.

Nacquero nella Grecia dell’8°-7° sec. a.C. i mercenari, ed erano guardie del corpo dei tiranni o militari disposti a lasciar la propria terra e ad andare a combattere per altri, magari per quegli stessi che combattevano la sua terra.

La storia degli eserciti ne è piena: «Fin dall’origine – dice ancora la Treccani – si delineano quei fenomeni sociali e quelle esigenze militari per cui l’istituzione acquisterà tanta importanza in seguito: la mancanza di truppe specializzate negli eserciti cittadini, l’avversione di questi a intraprendere spedizioni lontane, la crisi economica che induce molti al mestiere militare, non avendo altri mezzi di sussistenza. Cambia anche la psicologia dei soldati e dei generali: questi diventano condottieri che combattono lontano dalla patria, e talora contro di essa, mentre quel che li lega ai soldati è unicamente il soldo, la vittoria e la preda».

Il primo grande esercito di mercenari è quello dei Diecimila al servizio di Ciro il Giovane. Costituiscono nel 2° secolo la maggioranza delle armate egiziane, stanziati in colonie militari e raggruppati secondo la nazionalità. Arrivano tardi ed in numero limitato a Roma, con il nome di auxilia «per la necessità di contrapporre truppe specializzate a quelle degli eserciti ellenistici», ovvero di ragionare come l’avversario.

Ingrossano le schiere normanne in Inghilterra e in Italia, gli eserciti delle crociate, quelli svevi e quelli di Carlo d’Angiò. Diventano nel 14° secolo compagnie di ventura, diffuse in Francia e in Italia, soppiantate poi da eserciti guidati da privati che si pongono al servizio dei principi. «Con il trapasso dell’arte militare medievale a quella moderna, ossia con il prevalere della fanteria sulla cavalleria e il sorgere dello Stato moderno, si delinea il nuovo tipo di esercito mercenario permanente, mantenuto anche in tempo di pace». Solo alla fine del 16° secolo conoscono un certo tramonto con la nascita degli eserciti statali e la leva di massa vera e propria che oscura del tutto i mercenari si affaccia solo nella Rivoluzione francese e con le riforme prussiane.

Ma ricompaiono il secolo successivo in epoca coloniale, ed ecco la Legione Straniera francese e il Tercio spagnolo. Nel 1930 un nuovo tipo di mercenario: il soldato regolare ma ufficialmente fuori dai ruoli dell’esercito che può essere impiegato senza coinvolgere apertamente il governo che se ne serve.

Il resto è storia recente, la vediamo scorrere tutti i giorni nelle immagini dei telegiornali quando si ricordano di dirci che la guerra è dappertutto malgrado avessimo giurato dopo la seconda Guerra mondiale che non ne avremmo fatte più, scrivendolo anche nella Costituzione.

Come aggettivo mercenario viene usato anche per indicare un amore regolato dallo scambio di denaro, in altre parole la prostituzione o qualsiasi mestiere eseguito da una persona «che presta la propria opera dietro compenso, e al solo fine di essere pagata, senz’altro interesse che quello del guadagno», riferendosi di solito «ad attività e prestazioni che dovrebbero essere svolte liberalmente, gratuitamente, o nelle quali il compenso non dovrebbe essere l’interesse principale» (l’assistenza o l’allattamento mercenari) o, con connotazione spregiativa, nel senso di venale, prezzolato, detto per esempio di un giornalista o di un giudice.

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