LA PAROLA

Murphologia

Prima legge di Murphy: «Se qualcosa può andar male, lo farà».

La legge di Murphy ha le sue radici in alcuni studi effettuati nel 1949 dalla US Air Force sugli effetti che una decelerazione rapida ha sui piloti. Alcuni volontari venivano assicurati a una slitta dotata di un piccolo motore a razzo, e si controllavano le loro reazioni quando la slitta veniva fatta arrestare di colpo. Il monitoraggio era effettuato mediante elettrodi fissati su una imbracatura progettata dal capitano Edward A. Murphy. Dopo un funzionamento apparentemente perfetto di un giorno intero, i tecnici si accorsero sconcertati che l’imbracatura non riusciva a registrare alcun dato. Murphy scoprì che tutti gli elettrodi erano stati collegati in modo sbagliato, e ciò lo portò ad affermare: «Se ci sono due o più modi per fare qualcosa, e uno di essi può condurre a una catastrofe, allora qualcuno sceglierà sicuramente quello». Ma questa è una versione moderna, in realtà troviamo le prime ispirazioni già nel 1786, quando il poeta scozzese Robert Burns osservava che: «I migliori progetti dei topi e degli uomini sono inclini a fallire». Nel 1884, il poeta satirico vittoriano James Payn descriveva quello che è forse l’esempio più famoso della legge di Murphy: «Una fetta di pane così grande non mi era certamente mai toccata. Ma cadde a terra sulla sabbia e proprio dalla parte che avevano imburrata».

Secondo una formulazione matematico-statistica, si rileva che per quanto sia improbabile che si verifichi un certo evento, entro un numero elevato di occasioni (concettualmente tendente all’infinito) questo finirà molto probabilmente per verificarsi. A questa formulazione possiamo sommare la teoria della probabilità ovvero che il fatto che un evento sia improbabile non vuol dire che esso non possa verificarsi già nel corso dei primi tentativi, e che non possa poi ripetersi a distanza di breve tempo. Spiegazioni che cercano di indorare la pillola della sfiga ma di cui la legge di Murphy fa piazza pulita e stabilisce che «Se sei di buon umore, non preoccuparti: ti passerà».

È il Dio (che esiste e vive a Bruxelles) dipinto dal regista belga Jaco Van Dormael che si diverte a tal punto a far soffrire gli esseri umani da infliggergli oltre a sciagure e calamità anche l’invenzione di cui va più fiero, le leggi della sfiga universale.

C’è qualcuno che si è preoccupato di dare valore scientifico alla Legge. un team di scienziati britannici, uno psicologo, un matematico e un economista, ha sviluppato un’equazione in grado di dimostrare che la legge esiste veramente testandola su un campione di mille persone e hanno scoperto che anche uno dei corollari più importanti di questa legge è vero: e cioè che le cose che possono andare male non solo andranno male, ma lo faranno nel momento peggiore possibile.

Il bello della Legge è che è perennemente aggiornabile in sintonia con i tempi in modo che ognuno di noi sia sempre in grado di trovare la legge in grado di giustificare la propria sfiga.

Soltanto Arthur Bloch, umorista americano, è riuscito ad aggirare la Legge di Murphy, che nel 1988, riesce a trasformare in un successo editoriale.

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