LA PAROLA

Poesia

«Ti manderò un bacio con il vento e so che lo sentirai,/ ti volterai senza vedermi ma io sarò li/ Siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni/ Vorrei essere una nuvola bianca in un cielo infinito/ per seguirti ovunque e amarti ogni istante/ Se sei un sogno non svegliarmi/ Vorrei vivere nel tuo respiro/ Mentre ti guardo muoio per te/ Il tuo sogno sarà di sognare me/ Ti amo perché ti vedo riflessa in tutto quello che c’è di bello/ Dimmi dove sei stanotte ancora nei miei sogni?/ Ho sentito una carezza sul viso arrivare fino al cuore/ Vorrei arrivare fino al cielo e con i raggi del sole scriverti ti amo/ Vorrei che il vento soffiasse ogni giorno tra i tuoi capelli,/ per poter sentire anche da lontano il tuo profumo!/ Vorrei fare con te quello che la primavera fa con i ciliegi».

Pablo Neruda

Comporre versi, accostare significati apparentemente distanti, usando rime e forme metriche, per esprimere sentimenti, emozioni, fino a intere storie è un’arte che da sempre affascina gli uomini: quelli che le poesie le scrivono e quelli che le leggono.

La parola poesia, che nasce dal sostantivo greco ποίησις (poiesis, creazione), a sua volta derivato dal verbo ποiείν (poiein, fare, creare), è un modo di scrivere e narrare in forma evocativa, musicale, a volte contorta, altre enigmatica, tipica delle personalità più complesse che solo con accostamenti di scrittura “trasognata” riescono a esprimere pienamente pensieri e stati d’animo.

È indubbiamente più potente della prosa, perché deve sottostare alle regole della metrica, raccontando per immagini e figure retoriche, spesso ignorando le comuni regole grammaticali e sintattiche, tanto che il significato, più che capirlo si intuisce. Inutile voler dare un significato “esteso” ai versi, perché, per dirla con il filosofo John Dewey, «c’è sempre qualcosa di stupido nel volgere la poesia in una prosa che si ritiene debba spiegare il significato della poesia».

Fare poesia, esattamente come scrivere musica, è una forma estrema di creatività e si dice che l’uomo abbia prima cantato che parlato, abbia prima composto versi che scritto in prosa.

Le prime forme di poesia erano orali, come l’antichissimo canto a batocco dei contadini e i racconti dei cantastorie. Nei paesi anglosassoni la trasmissione orale della poesia era molto forte e lo è ancor oggi.

Comunque sia è proprio dell’uomo scrivere versi, da sempre e in ogni lingua, legando strettamente le parole al suono, tanto che è estremamente difficile tradurre una poesia in una lingua diversa dall’originale, perché il suono e il ritmo vanno irrimediabilmente persi e devono essere sostituiti da un adattamento nella nuova lingua, che in genere è solo un’approssimazione dell’originale.

Ogni epoca e ogni cultura ha utilizzato una metrica che si adattasse alla musicalità della lingua: dai lirici greci, alla poesia dell’età romana, la lettura era scandita dal tempo e dalla lunghezza dei versi.

Essa doveva essere letta scandendola rigorosamente a tempo.

Il concetto di poesia oggi è molto diverso da quello dei modelli letterari; molta della poesia italiana contemporanea non rientra nelle forme e nella tradizione, e il consumo letterario è molto più orientato al romanzo e in generale alla prosa, spostando la poesia verso una posizione secondaria.

La parola poesia viene anche utilizzata per descrivere il particolare trasporto emotivo di alcune situazioni: la poesia di un tramonto, di un abbraccio, di un paesaggio.

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