LA PAROLA

Popolo

Eugène Delacroix, La libertà che guida il popolo

«Il popolo, il fuoco e l’acqua non si possono domare», recita un antico proverbio italiano. O meglio, forse sì, con “panem et circences”, che tradotto in un altro antico proverbio significa «pane e feste tengono il popolo quieto».
Il popolo, dal latino populum, è ciò nel nome del quale si governa, in una democrazia; è il popolo sovrano, ma è anche il popolo bue, quello che con “panem et circences” e con una buona dose di populismo si lascia facilmente abbindolare.

È quello che il Manzoni, con fervente spirito patriota, nell’ode Marzo 1821, cantava «una gente che libera tutta/o fia serva tra l’Alpe ed il mare;/una d’arme, di lingua, d’altare,/di memorie, di sangue e di cor». Ma certo erano altri tempi, c’era ancora da fare l’Italia, figurarsi gli italiani.

Giuridicamente, la parola popolo «indica l’insieme delle persone fisiche che sono in rapporto di cittadinanza con uno stato, tali da essere titolari della sovranità, che il più delle volte non viene esercitata in maniera diretta, ma delegata a uno o a più rappresentanti», scrive il vocabolario Treccani alla voce Cittadinanza. Diritto costituzionale.

Più in generale, invece è «il complesso degli individui di uno stesso paese che, avendo origine, lingua, tradizioni religiose e culturali, istituti, leggi e ordinamenti comuni, sono costituiti in collettività etnica e nazionale, o formano comunque una nazione, indipendentemente dal fatto che l’unità e l’indipendenza politica siano state realizzate».

Da non confondere con popolazione, cioè l’insieme degli individui che abitano uno stesso territorio, né con nazione, che tende ad assumere un significato più politico che culturale, ovvero «un gruppo specifico di esseri umani accomunati da un sentimento durevole di appartenenza a tale gruppo poiché possiedono in tutto o in parte caratteristiche comuni di lingua, cultura, religione, usi e tradizioni».

Nella Dichiarazione Universale dei Diritti Collettivi dei Popoli (CONSEU Barcellona, 1990) si legge che «ogni collettività umana avente un riferimento comune ad una propria cultura e una propria tradizione storica, sviluppate su un territorio geograficamente determinato (…) costituisce un popolo. Ogni popolo ha il diritto di identificarsi in quanto tale. Ogni popolo ha il diritto ad affermarsi come nazione».

Sempre più diffuso è l’uso della parola popolo per definire un insieme di individui accomunati da interessi e ideali condivisi, che possono essere di natura politica, culturale, legata alle abitudini o il mondo del lavoro. Così si dice il  popolo di Seattle, per indicare il movimento dei No global, il popolo della notte, i protagonisti abituali della vita notturna, il popolo di internet, esperti e assidui frequentatori della rete, «i popoli della fame e quelli dell’opulenza», per citare Papa Paolo VI.

«Il popolo freme, sussurra, si accalca, brontola, strepita, acclama, fischia, deride, dileggia, minaccia, ondeggia, schiamazza, si indigna, avanza. E poi torna a casa per cena», scrive l’autore televisivo Alfredo Accatino…e si torna a panem et circences…