LA PAROLA

Rosa

Una pianta, un fiore, un colore. E che altro? Beh sì, molto molto altro. Molto più dell’«arbusto delle Rosali fornito di spine ricurve, con foglie composte e seghettate e fiori grandi variamente profumati e colorati», come dettaglia il Dizionario etimologico della lingua italiana di Cortelazzo e Zolli. È anche, per antonomasia, qualcosa di bello e fresco, ma viceversa qualcosa di leggero e superficiale: all’acqua di rose. Chi vede tutto rosa è un inguaribile ottimista.

È un nome di donna – una fra tutte la Luxemburg –, un genere letterario disprezzato dai più ma che conta tantissime lettrici (e di certo qualche lettore), il colore del più famoso quotidiano sportivo italiano e, di conseguenza, della maglia del ciclista che guida la classifica del Giro d’Italia. In senso lato, si intende anche un gruppo ristretto di persone che sono state selezionate per un concorso o per una gara e tra cui verrà scelto il vincitore; per esempio, la rosa dei libri selezionati per il premio Strega.

Le varietà di rose sono oltre centocinquanta, tra quelle spontanee e quelle coltivate, trattandosi di una pianta di facile ibridazione anche in natura. Alle nostre latitudini fiorisce praticamente tutto l’anno, per cui non si comprende perché la stagione delle rose sia per definizione la primavera e perché il mese delle rose sia maggio. L’essenza che si ricava dal fiore aromatizza oli, cosmetici, profumi, sciroppi, miele, vini. Questo utilizzo è antichissimo, visto che già nell’Iliade Venere cura le ferite di Ettore con un olio di rose.

La rosa rappresenta anche ciò che ha una doppia faccia, il positivo e il negativo, la bellezza e l’inganno, la fecondità e la verginità, il piacere e il dolore, l’incanto e la ferita, la vita e la morte: non c’è rosa senza spine. La saggezza popolare ci insegna che la vita non è tutta rose e fiori, mentre uno stornello toscano esorta: «Cogli la rosa e lascia star la foglia. Vieni con me, andiamo a far l’amor». Cosa ne sarà del domani e se le promesse verranno mantenute non si sa, ma di certo se son rose fioriranno.

Rosa, rosae, rosae, rosam, rosa, rosa…: è la formuletta che si impara nello studio del latino per memorizzare le uscite della prima declinazione. «Rosa fresca aulentissima» è un verso di Cielo D’Alcamo, uno dei primi poeti in volgare, tra i primissimi che si presentano nello studio della letteratura italiana. Quando nelle scuole c’erano gli alfabetieri, l’immagine della rosa era quella utilizzata per far comprendere ai bambini a quale suono si associa la lettera R: R come rosa.

«Una rosa è una rosa è una rosa», recita un celebre verso di Gertrude Stein dall’interpretazione controversa. Come dire: le cose sono quelle che sono. Ma anche: il nome evoca l’identità e le caratteristiche di una cosa, per cui la parola rosa di per sé richiama profumi, colori e sensazioni associate alla rosa stessa. Lo faceva già dire Shakespeare alla sua eroina in Giulietta e Romeo: «Che cosa c’è in un nome? Ciò che chiamiamo rosa anche con un altro nome conserva sempre il suo profumo». Mentre Guido Gozzano sintetizza il sentimento del rimpianto in un verso, «non amo che le rose che non colsi», per dire che si continua a desiderare per tutta la vita ciò che poteva essere e non è stato.

Il nome della rosa è il titolo scelto non a caso per il suo celeberrimo giallo storico da Umberto Eco, che era un grande semiologo. Il verso esametro con cui si conclude il romanzo recita: «Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus», la rosa primigenia esiste nel nome e noi possediamo soltanto i nomi. E questo chiude il cerchio aperto dall’incipit del libro, che riprende l’attacco biblico: «In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio».

Ma la rosa è anche ricca di significati simbolici. Per la Chiesa cattolica è un attributo della Madonna, ma anche di santa Rita festeggiata il 22 maggio un po’ in tutta Italia con il rito della benedizione delle rose associate di solito a un voto, a una richiesta di protezione o di grazia. Il rosario, cioè la corona di grani utilizzata per recitare l’omonima preghiera devozionale, deriva il nome dal fatto che durante il medioevo si usava mettere una corona di rose sul capo della statua della Vergine per rappresentare le preghiere in suo onore.

Quello che è il fiore per definizione, viene poi associato all’amore, non solo quello carnale, ma anche quello filiale e paterno: si regalano rose a mogli, fidanzate, amanti, amiche, madri, figlie. Per tradizione le rose si donano in numero dispari o a dozzine; di solito, dalle cinquanta in su non si è più troppo fiscali. Anche il colore ha un significato preciso: rosso passione, giallo gelosia, bianco purezza, e così via.

Questo fiore è anche un simbolo politico, molto in uso soprattutto dopo la seconda guerra mondiale la rosa nel pugno come simbolo del socialismo e della socialdemocrazia. In ambito esoterico la rosa è un simbolo cruciale. L’unione della rosa e della croce è alla base del rosone, le tipiche vetrate delle cattedrali gotiche, ma anche della setta dei Rosacroce. La rosa è un cardine dell’iconografia massonica: quella rossa ritorna in tutti gli eventi più importanti, durante i funerali di un massone vengono gettate nella sua tomba tre rose di colore diverso. L’Ordine della Rosa Rossa è una società segreta di stampo occultista, a cui aderirebbero numerose personalità di fama mondiale (scrittori, attori, musicisti, registi, docenti, scienziati, ricercatori, medici, uomini politici) che esprimono la propria appartenenza attraverso un simbolismo celato nelle loro produzioni ma facilmente riconoscibile da parte degli altri adepti.

Il più radicato stereotipo di genere vuole il rosa come un colore tipicamente femminile, a partire dal corredino di nascita. Il maschio alfa di solito aborre questo colore ed evita di indossarlo per non lasciare dubbi alla propria eterosessualità. Il rosa è anche simbolo di innocenza e di ingenuità. «Intatta con le stesse mutandine rosa» cantava Lucio Battisti in Una giornata uggiosa, titolo del disco che conteneva nel lato B Con il nastro rosa. La canzone di Massimo Ranieri Rose rosse instillava il dubbio: «Forse in amore le rose non si usano più…». E Mina lo toglieva definitivamente in Parole parole: «Di rose e violini questa sera ne ho avuto abbastanza; violini e rose li voglio sentire quando la cosa mi va, se mi va…».

Sul fronte dei diritti, il femminismo ci ha fatto capire, oltre cent’anni fa con la protesta delle operaie tessili di Lawrence, nel Massachusetts, che le donne vogliono il pane e le rose, cioè un reddito adeguato e insieme la dignità.

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