Adesso va anche di moda. Persino la politica si è appropriata della parola resilienza preferendola alla più guerresca, ma anche più ideologica, “resistenza”. Nella tecnologia dei materiali, pane quotidiano per gli ingegneri, è la capacità di resistere a una rottura per sollecitazione dinamica. In psicologia è l’abilità di reagire a difficoltà e traumi. Nella letteratura si è svelata nel tempo con un fiorire di aforismi: proprio come quello di Thomas Mann, il quale amava dire che le «avversità possono essere formidabili opportunità».
La parola resilienza è di antiche origini. Di derivazione latina – con il verbo resalio i nostri antenati indicavano il gesto di tentare di risalire su una imbarcazione rovesciata – riassume quelle doti che consentono di non gettare mai la spugna e di rialzarsi sempre in piedi. Doti celebrate da Seneca nella Roma imperiale: il filosofo e drammaturgo invocava le prove ardue a cui ti sottopone la vita per rafforzare la mente. E in qualche modo omaggiate anche da Platone quando proclamava che corpo e psiche non vanno mai separati.
Processo mentale, attitudine, virtù, valore o talento. Chiamatela o maneggiatela come volete. Resta il fatto che, sdoganata dai comportamenti stagni dell’ingegneria e della biologia, dove è intesa come la capacità di una materiale di auto ripararsi dopo un danno, la resilienza è entrata a far parte di quel lessico con il quale si tributano forza, coraggio, determinazione, perseveranza, tenacia.
L’individuo resiliente è uno che non si arrende, che sopporta il dolore. Mantiene salde le motivazioni che lo spingono a raggiungere obiettivi prefissati e ritiene di potere conservare il controllo sulla propria vita anche di fronte a eventi negativi. Insomma, nuota con grandi bracciate anche nella tempesta. E allora ecco, nello sport, l’atleta che non si piega e audace prosegue. O nel quotidiano, con i panni dimessi dell’uomo o della donna della porta accanto, colui o colei che ingoia sconfitte senza perdere speranze. Adesso ci si è messa anche l’opposizione al governo Lega-Pentastellati, che promette battaglie in punta di fioretto condotte con pervicacia.
Eppure il sostantivo femminile molto in voga, ma a molti ancora sconosciuto, viene spesso usato impropriamente. Povero di sinonimi, è correlato alla robustezza, alla solidità, alla forza. Tra i suoi contrari c’è la vulnerabilità. Tra i suoi compagni di cammino l’ottimismo. Cosa che fa della resilienza una virtù di cui oggi – a torto o a ragione – molti tendono a fregiarsi. La psicologia ha iniziato a studiarla nella seconda metà del Novecento, scoprendo che autonomia, sensibilità, autocontrollo e consapevolezza sono tra le principali caratteristiche delle persone resilienti. Eroi o eroine? Non proprio. Semmai uomini e donne che sanno focalizzarsi su ciò che possiedono e non su ciò che non hanno. Dono raro.