* MEMORIE

Ricordi a “l’Unità” 3: il Macaluso di Ceretti

Terzo ricordo di Giuseppe Ceretti – a lungo caporedattore a Roma e a Milano, nonché amico carissimo e firma anche di TESSERE (finché siamo riusciti a mandarla avanti e di cui invito a leggere le ragioni per cui la fondai alcuni anni fa) –, in risposta al mio appello agli ex de “l’Unità” (e delle altre testate che facevano capo al PCI) di raccogliere i propri ricordi perché, in vista dello scioglimento dell’associazione Sotto la Mole (L’atto costitutivo e lo statutoLa convenzione con il Gramsci di Bologna) si consegnino all’Istituto Gramsci di Bologna i propri ricordi, gli aneddoti, le esperienze, anche i pettegolezzi se occorre, ma solo con lo spirito di ricostruire le pagine belle e brutte di un’esperienza che comunque è stata veramente grande, Beppe Ceretti qualche giorno fa mi ha mandato il suo ricordo di un grande direttore de “l’Unità”, Gerardo Chiaromonte che potete leggere qui.

Ieri è stata la volta di D’Alema, che potete leggere qui e domani toccherà a Veltroni.

Un’ultima cosa: faccio appello a tutti quanti leggeranno questo ricordo a fare un versamento di quello che possono per pagare le spese notarili necessarie alla chiusura dell’associazione Sotto la Mole (come concordato dalla maggior parte dei soci in chat e conversazioni private) e per affidare la somma residua all’Istituto Gramsci di Bologna affinché incarichi un giovane ricercatore di effettuare il maggior numero possibile (dipenderà ovviamente dalla somma raccolta) di interviste a ex colleghi giornalisti, grafici, poligrafici, amministrativi o anche a persone che hanno avuto un ruolo chiave nella storia della stampa comunista. I versamenti vanno fatti sul conto IT91M0306909606100000148268 intestato a Associazione culturale “Sotto la Mole” presso Banca prossima del gruppo Intesa San Paolo. Grazie

d.p.

 

Emanuele Macaluso

Il talento
e la sensibilità
di em.ma

Emanuele Macaluso
Direttore e giornalista, ma più leader politico che giornalista. Per anni la guida dell’Unità è stata caratterizzata da un binomio che tale era solo sulla carta, data l’importanza della voce del quotidiano presso gli iscritti al Pci. Ma a partire dagli anni Ottanta, l’aurea legge politica si è infranta sugli scogli di una società sempre più complessa, che pretendeva risposte sempre più rapide, che mettevano in contrasto la liturgia di un partito con i tempi richiesti dal quotidiano.
Se fu dunque Renzo Foa, giornalista dell’Unità e non dirigente di partito a diventare il primo direttore “non politico”nel 1990, anche taluni suoi predecessori non mancarono di mostrare un significativo grado di autonomia e non solo in forza della posizione acquisita nel domino della dirigenza del Pci di allora.

I quattro anni di direzione dell’Unità di Emanuele Macaluso dall’aprile del 1982 allo stesso mese del 1986 sono l’esempio più concreto.
Come ha ben ricordato Carlo Richini, redattore capo negli anni della sua direzione in occasione della morte di “em.ma”, come si siglava Macaluso nei suoi interventi sul quotidiano.

Macaluso era arrivato alla direzione dopo che il direttore Claudio Petruccioli e il suo vice Marcello Del Bosco si erano dimessi per il caso Maresca. Ovvero Marina Maresca, la giornalista che portò documenti poi rivelatisi falsi, che provavano la trattativa tra Br, la Dc e la camorra per la liberazione di Ciro Cirillo, esponente democristiano rapito dai terroristi.
Io arrivo a Roma da Milano pochi mesi prima della conclusione del suo felice quadriennio e a seguito di un mutamento epocale che aveva portato nella capo redazione romana molti giovani giornalisti. Con i miei 28 anni, ero il più giovane della brigata.

Perché allora un ricordo per un periodo che fu così breve?
Perché “em.ma”, come siglava i suoi corsivi e molti interventi, aveva il mestiere nel sangue, ben miscelato con le necessità politiche, rivelando un tratto di modernità professionale che seppe mantenere nella sua lunghissima vita.
E insieme una sensibilità che quattro anni dopo, un’era storica per i precari rapporti umani, lo portò a scrivermi una straordinaria lettera in occasione della morte di mio padre. Era il febbraio del 1990.

Scrisse Carlo Richini che Macaluso è stato un fratello e un padre per tutti noi.
Quel padre che avrei voluto ripudiare quando mi fermò sulla soglia dell’uscio della capo redazione mentre pregustavo un felice quanto breve riposo milanese per “cause di forza maggiore”, accompagnato da un sorriso: “C’è bisogno di te, quella bella valigia di pelle non te la tocca nessuno”. Da allora lo sfottò sulla mia presunta ricchezza mi accompagnò con dolcezza in redazione.
Lo stesso padre putativo che due anni dopo, mi scrisse una lunga lettera per la scomparsa di mio padre. Lunga e intensa, a testimonianza di una sensibilità che mai ho dimenticato
Grazie caro em.ma., ovunque tu sia.