LA PAROLA

Sorbetto

Il sorbetto, antico progenitore del gelato, è caratterizzato da semplici ingredienti come acqua congelata, sciroppo di zucchero e succhi o polpa di frutta. Nelle cene più impegnative e raffinate è spesso destinato a “separare” i sapori, tra un piatto di pesce e uno di carne o fra una pietanza molto saporita e un dolce aromatico.

La provenienza del termine è dibattuta, alcuni studiosi pensano che derivi dalla parola araba sherbeth (bevanda fresca), altri fanno riferimento alla voce turca sharber (sorbire) e chi invece ne individua la radice nel verbo latino sorbeo-es-sorbui (sorbire o succhiare).

Comunque sia, è certo che il nome sorbetto si utilizzò per la prima volta nel Medioevo, onomatopeico del suono fatto tra le labbra nel gustare, sorbendo un po’ per volta, questa fresca bevanda.

A Firenze, in epoca rinascimentale, il poliedrico architetto Bernardo Buontalenti, dedito anche all’arte culinaria, elaborò dei “favolosi dolci ghiacciati” per uno sfarzoso ricevimento commissionatogli da Cosimo I. E nel 1595 per le feste d’inaugurazione della fortezza di Belvedere, progettata e realizzata a Firenze proprio dal Buontalenti, furono offerti tra lo stupore generale, dei sorbetti dalle forme fantasiose e complesse.

Nel 1533, Caterina de’ Medici, volle che durante il banchetto per le sue nozze a Parigi con Enrico II di Francia, fossero preparati dei gelati “all’italiana” dai suoi pasticceri toscani e siciliani, per stupire gli importanti ospiti arrivati da tutta Europa.

Ma a Parigi il sorbetto trovò grande diffusione grazie anche a Francesco Procopio de’ Coltelli, intraprendente cuoco palermitano emigrato lungo la Senna alla metà del Seicento, che riuscì a realizzare una miscela di gelato molto simile a quella che gustiamo ancora oggi. Nel 1686 egli fondò il più antico caffè della capitale, l’elegante Café Procope, dove oltre al caffè venivano serviti sorbetti, “gelate emozioni” dai gusti più svariati e fantasiosi.

Nei secoli scorsi il sorbetto è stato oggetto di attenzioni anche da parte di letterati, a partire Lorenzo Magalotti, aristocratico al servizio del Granduca di Toscana che scrisse un’Ode alla sorbetteria a Francesco Redi, medico e naturalista, che nel Bacco in Toscana inneggiò al sorbetto che rallegrava il palato, con i versi «oh come scricchiola tra i denti, e sgretola quindi dal l’ugola giù per l’esofago freschetta sdrucciola fin nello stomaco», per ad arrivare a Carlo Goldoni che scriveva «un sorbetto di fragole, di lamponi; un sorbetto al limone o al mandarino; Oh amabile sorbetto, nettare prezioso e delicato, benedetto colui che ti ha inventato».

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