Puoi tornare a respirare. Solo a leggerla, la paola spavento mette già in apprensione. Dopo uno spavento spesso portiamo una mano sul cuore e l’altra la poggiamo su qualcosa che ci sorregga. O sulla spalla di qualcuno. Auspicabilmente un amico che soltanto ci ha fatto «Buh!» e se la sta ridendo contagiandoci. Ma lo avremmo strozzato, lì per lì! Spavento ed aggressività sono legati a doppio filo. Si può dire che girino – guardinghi – a braccetto. Può essere una questione di vita o di morte! Se nell’immediato dello spavento abbiamo agito d’impulso potrà sembrare di essere stati governati da un pilota automatico che si dilegua mentre ne prendiamo coscienza.
Dunque è tutto passato, possiamo tornare a respirare. Avevamo una mano sul cuore e l’altra poggiata su qualcuno o qualcosa. Il ritorno alla cosiddetta normalità non sarebbe però accompagnato da uno stato emotivo identico a quello precedente lo spavento, bensì da una condizione che ci apparirà – seppure anche solo per pochi momenti – di maggior quiete o conforto.
In una trasmissione su RAI5 – uno dei pochi canali televisivi che si riescano a guardare senza farsi prendere dall’aggressività, soprattutto in campagna elettorale: roba da far spavento! – riferendosi al tema della felicità, il noto psicologo cognitivo Paolo Legrenzi, spiega che la apprezzeremmo perché percepiamo cambiamenti di stato, quindi, pienamente, non oltre l’avverarsi di un’aspettativa favorevole. Per questo stesso motivo essere felici risulterebbe così fuggevole: il momento successivo a quello in cui si verifica ciò che desideravamo non può essere più felice di quello in cui il nostro desiderio si è realizzato. Cercando di dare una sintesi e di generalizzare la sua tesi sul funzionamento della felicità che si può vedere nella prima parte del video potremmo dire che per restituirci la realtà il sistema cognitivo si baserebbe su differenze. Allo stesso modo si potrebbe forse spiegare la quiete dopo la tempesta di uno spavento. Che sollievo negli immediati dintorni di uno scampato pericolo!
Se lo spavento non passa o meglio diventa tumultuoso, oltre a trovarci di fronte all’evidente aggravarsi di un problema, potremmo dover essere costretti -–per raccontare il nostro stato d’animo – ad usare anche parole indicate quali sinonimi dal dizionario online della Treccani. Ma che sinonimi effettivamente non sono, come affermava Gilberto Briani qui su TESSERE a proposito di quelli della parola Sorpresa. Prima di essi, però, pur sapendo nel cuor nostro che batte più forte cosa sia, meglio leggere la definizione di spavento data dalla Treccani: «Turbamento psichico forte e improvviso, che insorge nel momento in cui si avverte un pericolo, una minaccia o un danno incombente, e che può provocare reazioni incontrollate».
È una reazione immediata, che ci mette così in allarme da distoglierci repentinamente da qualsiasi occupazione, ozio e sonno compresi, facendoci tremare, sobbalzare o gridare e che può diventare atterrimento, paura, timore. O addirittura orrore, panico, terrore. Sinonimi, ma volendo semplificare: siamo già oltre lo spavento e se non ne siamo rimasti paralizzati, stiamo probabilmente lottando, scappando o cercando – ci si augura, freddamente e velocemente – una soluzione.
Ma sorpresa e spavento sono, in origine, la stessa reazione che prende strade diverse? Di sicuro non manca il batticuore. Siamo sul lato chiaro o sul lato oscuro della forza dopo che qualcosa è accaduto. Spesso in entrambi i casi occorre riaversi.
Ed è lecito dire, mischiando le carte, spaventevole sorpresa? Ho chiesto a Mr. Google il quale, senza il minimo turbamento, ha citato alcuni brani, tratti ad esempio dalle Novelle arabe divise in mille e una notte e da una cronaca chirurgica dell’ottocento, in cui se ne fa uso per introdurre particolari persino raccapriccianti. Nessuna traccia invece di sorprendente spavento, che avrei immaginato veder uscire in un caldo sussurro dalle labbra sottili di Morticia Addams: «Che sorprendente spavento, Gomez!!!».
Solitamente però se lo spavento è bello non è tale, ma le cose sono andate per il meglio. Si può essere belli o brutti da far spavento, dipende dai gusti. Essere colti di sorpresa genera uno spavento. Chi coglie di sorpresa è in uno stato di apprensione che somiglia allo spavento. Perché però non diciamo cogliere di spavento? Forse perché mostrarsi spaventati non è così dignitoso. Basta richiamare alla mente una qualsiasi scena hollywoodiana in cui un impolverato, ansimante e affranto caporale si giustifica con l’imperturbabile John Wayne di turno: «Ci hanno colti di sorpresa!» Mai nessuno che ammetta nel poco forbito linguaggio della truppa le conseguenze dello spavento nelle braghe della divisa. Farsela addosso dallo spavento tra l’altro è una reazione comune a tutto il mondo animale. Servirebbe a diventare più leggeri ed agili per il corpo a corpo o per la fuga. Una soluzione della selezione propulsiva ed anche economica se si pensa alla quantità enorme di denaro investita nella ricerca sui materiali. Tipiche risposte fisiologiche allo spavento sono anche l’aumento del ritmo respiratorio, della tonicità dei muscoli che richiamano sangue dagli altri organi, e delle capacità sensoriali.
Per la Treccani sorpresa e spavento hanno anche un sinonimo comune: sbigottimento che però è spiegato come sorpresa in senso negativo.
Forse siamo solo in attesa di sorprese, ma, nostro malgrado, ci tocca di spaventarci. Anche da soli, se poi non ci mettiamo a scavare più in profondità, dentro di noi. Anche qui, superato lo spavento iniziale, c’è un mondo pieno di sorprese prima di quello successivo. E così via … fino alla sorpresa finale! Anche se “finale”, tra sorpresa e spavento, turba sempre un po’.
Ma eccolo qui!
«Quante volte diss’io / Allor pien di spavento: / Costei per fermo nacque in paradiso», scrisse Petrarca al colmo dello stupore!