LA PAROLA

Tradizione

La tradizione, secondo il vocabolario Treccani è «la trasmissione nel tempo, da una generazione a quelle successive, di memorie, notizie, testimonianze». Dal verbo latino tràdere (consegnare, trasmettere), questo sostantivo ha significati diversi a seconda dell’ambito di riferimento. In antropologia culturale o in etnologia, ad esempio, è la consuetudine, ovvero le tradizioni popolari che si tramandano per generazioni all’interno di un gruppo sociale definito. Rientrano in questo campo la memoria e la celebrazione di eventi storici, le usanze e i riti, la mitologia, ma anche le credenze religiose, le superstizioni e le leggende. Gran parte di queste tradizioni, peraltro, vengono tramandate oralmente ed entrano a far parte della consuetudine pur perdendo spesso la traccia dell’evento o della credenza cui sono legate.

Come scriveva Friedrich Nietzsche, «la tradizione è un’autorità superiore, alla quale si presta obbedienza non perché comanda quel che ci è utile, ma soltanto perché ce lo comanda». Tuttavia è proprio nelle tradizioni, che si riscoprono la storia e l’origine di un popolo. Basti pensare a quanto diversi sono gli usi e i costumi delle feste che vengono celebrate contemporaneamente in tutto il globo.

Per rimanere in tema, il Capodanno, che se nel mondo moderno ricorre il 1° gennaio secondo il calendario Gregoriano, in ogni Paese si celebra in maniera diversa, pur conservando alcune credenze che accomunano tutti i popoli. Una per tutte la ferma convinzione che ciò che si fa a Capodanno, quindi tra il 31 dicembre e il 1° gennaio, porti fortuna tutto l’anno. Questo pensiero si è sviluppato in forme diverse che vanno dai riti scaramantici agli auguri di prosperità.

In Russia, ad esempio, dove il Capodanno si festeggia due volte (il 31 dicembre secondo il calendario Gregoriano e il 13 gennaio secondo quello Giuliano), si attende la mezzanotte, scandita dalla Torre del Cremlino, ballando e mangiando prugne secche farcite di nocciole, simbolo di abbondanza.

I giapponesi festeggiano facendo le “pulizie di casa”, per prepararsi alle novità dell’anno che verrà. Allo scoccare della mezzanotte le campane dei templi buddisti suonano 108 volte, tanti rintocchi quanti sono gli “elefanti di Bon”. In Cina il Capodanno cade tra il 21 gennaio e il 19 febbraio del calendario Gregoriano. I festeggiamenti durano 15 giorni e terminano con la famosa festa nazionale delle lanterne. Durante il Capodanno i cinesi indossano abiti rossi per scacciare il mostro Nian, che la leggenda narra temesse il rosso e i rumori.

In Brasile ci si veste di giallo, il colore dell’oro, del sole e della luce ed è uso che il capofamiglia getti il contenuto di un bicchiere di vino all’indietro per allontanare la sfortuna. In Argentina, la notte di Capodanno si fanno volare piccoli pezzi di carta dalla finestra, per liberarsi simbolicamente di tutto ciò che è inutile, mentre in Spagna è tradizione mangiare 12 chicchi d’uva allo scoccare della mezzanotte: un chicco per ogni rintocco di campana dell’anno vecchio per propiziare il cibo nell’anno nuovo.

Un’usanza made in Germany, invece, è trascorrere il Capodanno mascherati come fosse Carnevale, brindando al nuovo anno con la bevanda della fraternità a base di vino, cannella, chiodi di garofano, buccia d’arancia e rum. In Inghilterra, a Capodanno, è tradizione mangiare il tacchino ripieno di castagne e il Christmas pudding, un tipico dolce al cucchiaio, spesso arricchito con monete d’argento.

C’è poco da dire, alla fine, prosperità, ricchezza, cibo e salute sono gli auspici che ogni usanza richiama a prescindere dalla razza, la religione e la provenienza. La tradizione, in fondo, non è razzista!

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