LA PAROLA

Weltanschauung

La parola tedesca Weltanschauung è traducibile in italiano con “visione del mondo”, o anche “intuizione del mondo”, contemplando il termine Anschauung (veduta), di cui si compone unendosi a Welt (mondo), un significato riconducibile ad un disvelamento che si può cogliere con gli occhi.

Per quanto traducibile, nessuno che abbia minimamente condotto qualche studio di filosofia rinuncerebbe a servirsene nella lingua originaria, scegliendo una sola parola anziché due, se non altro perché il debito in questa materia al pensiero germanico è tale che risulterebbe sciocco farne a meno.

Perciò il termine Weltanschauung compare così com’è nell’enciclopedia Treccani e in ogni dizionario di filosofia che si rispetti, intendendo con esso la «concezione della vita, il modo in cui singoli individui o gruppi sociali considerano l’esistenza e i fini del mondo, e la posizione dell’uomo in esso; per lo più riferita a pensatori, scrittori, artisti, in quanto essa sia esplicitamente o implicitamente espressa nella loro opera».

Tenerne conto è importante, non solo perché si suppone che ogni individuo abbia una sua Weltanschauung, e a modo suo contribuisca ad una Weltanschauung ancor più vasta che lo vede partecipe al modo in cui gruppi di individui o gruppi sociali considerano l’esistenza, le caratteristiche del mondo e la propria posizione all’interno di esso, ma anche perché è auspicabile che ogni individuo ne abbia una sua, condivisa magari con altri.

Immaginare gli esseri umani privi di pensieri riguardo se stessi e ciò che li circonda è quanto di più triste ed angosciante possa venire in mente, un terrifico scenario che solo la fantascienza più azzardata potrebbe disegnare, anche se c’è sicuramente chi opera nell’ombra perché questa divenga una realtà neanche tanto lontana nel tempo, ed anzi ha già innescato il processo di decadimento a cui si dà il nome di “pensiero unico”.

Antonio Gramsci che, malgrado le grandi difficoltà con cui ha dovuto misurarsi nei suoi soli 46 anni di vita, è stato un finissimo pensatore nonché un paladino delle battaglie di giustizia ed equità, nei Quaderni nota che ogni uomo «all’infuori della sua professione esplica una qualche attività intellettuale, è cioè un “filosofo”, un artista, un uomo di gusto, partecipa di una concezione del mondo, ha una consapevole linea di condotta morale, quindi contribuisce a sostenere o a modificare una concezione del mondo, cioè a suscitare nuovi modi di pensare».

Non si può infatti «pensare nessun uomo che non sia anche filosofo, che non pensi, appunto perché il pensare è proprio dell’uomo come tale (a meno che non sia patologicamente idiota)».

L’unica restrizione che si può fare è che se si potrebbe dire che «tutti gli uomini sono intellettuali», «non tutti gli uomini hanno nella società la funzione di intellettuali (così, perché può capitare che ognuno in qualche momento si frigga due uova o si cucisca uno strappo della giacca, non si dirà che tutti sono cuochi e sarti)».

Se dunque una Weltanschauung appartiene a ciascuno di noi, c’è da sperare che la si voglia esprimere, manifestare, rendere pubblica, ma avendo la cura di formarla, nutrirla, alimentarla di nozioni e conoscenze, sottoponendola all’inevitabile confronto con la prova dei fatti, con l’esercizio del dubbio, con la volontà di non trasformare mai la Weltanschauung in un dogma ideologico, peggio ancora se autoritario.

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