LA DATA

10 agosto 1867

Il 10 agosto del 1867 fu ucciso brutalmente il padre del poeta Giovanni Pascoli. Noi tutti lo sappiamo benissimo, perché a scuola ci hanno fatto studiare una poesia che si chiama X Agosto, che un mio compagno di scuola ribattezzò ICS agosto, dimostrando così che cinque anni di liceo classico erano stati una perdita di tempo.

Se facessimo una classifica dei traumi infantili da 1 a 10,  per la mia generazione X agosto potrebbe prendere un bel 9: ce la facevano studiare a memoria alla scuola elementare senza spiegarcene nemmeno un rigo. La si scriveva in bella copia sul quaderno, con un bel disegnino descrittivo accanto, colorato a matita, per il quale prendevi un voto che, se sapevi disegnare, era sempre 9 o 10.

Mio fratello, che aveva una buffa maestra paffuta – un incrocio fra Ciccio e Nonna Papera – assolutamente amante della poesia, ne rimase così sconvolto da impararla a memoria fra le lacrime. Avrà avuto 8 o 9 anni e la sorte di quei poveri rondinini che pigolavano sempre più piano lo faceva stare malissimo.

Ma torniamo ai fatti. Ruggero Pascoli, amministratore della tenuta La Torre della famiglia dei principi Torlonia, a San Mauro di Romagna, fu assassinato il 10 agosto 1867 con una fucilata mentre tornava a casa sul suo calesse da Cesena. Giovanni, il quarto su dieci figli, aveva 11 anni. La famiglia non riuscì più a risollevarsi da questo evento tragico per il quale non pagò nessuno, anche se i responsabili pare fossero ben noti.

Era la notte di San Lorenzo, la notte delle stelle cadenti, e infatti la prima strofa della poesia dice così:

San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l’aria tranquilla
arde e cade, perché sì gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.

Lui lo sa perché cadono le stelle, perché sì gran pianto sfavilla. Ma quando eri alle elementari negli anni Settanta tu non lo sapevi, non avevi molte nozioni sulla notte di San Lorenzo, e non ci facevi poi molto caso. Ti colpiva duramente, invece, la quartina successiva:

Ritornava una rondine al tetto:
l’uccisero: cadde tra spini:
ella aveva nel becco un insetto:
la cena de’ suoi rondinini.

Qui si entra nel vivo della scena, resa più splatter dall’uso insistito dei due punti, una sequenza d’azione quasi cinematografica. Ma la tragedia vera è nella quartina dopo:

Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell’ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.

Scomposta dalla morte, con il verme in bocca, la rondine era una madre che tornava a casa con la cena, né più né meno. A questo punto per il bambino anni Settanta l’orrore era già sufficiente, e quello successivo non lo riceveva:

Anche un uomo tornava al suo nido:
l’uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono…

la struttura è la stessa, i versi interrotti dai due punti, e ritorna il nido. Perché poi disse: Perdono? Già qui qualcosa comincia a non tornare, a quel bambino di cui sopra. Per giunta porta due bambole, che non si possono paragonare al verme, cioè al cibo senza il quale i rondinini pigolano sempre più piano. Insomma qui cadeva l’attenzione, e la sorte dell’uomo che prima chiede perdono e poi resta con gli occhi aperti che gridano passa un po’ in secondo piano. Con la strofa successiva il bambino anni Settanta finalmente capiva dove Pascoli vuol andare a parare:

Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.

Ancora con queste bambole? Ma è morto un uomo, che ci frega delle bambole! Infine, la conclusione:

E tu, Cielo, dall’alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d’un pianto di stelle lo inondi
quest’atomo opaco del Male!

Se il bambino anni Settanta la infilava fra le parti difficili da ricordare a memoria perché piena di parole incomprensibili, a noi oggi pare una strofa bellissima, in perfetto pendant con la strofa iniziale. Nel frattempo abbiamo imparato ad apprezzare questa poesia perfetta di sei quartine di decasillabi e novenari dattilici, con rime alternate secondo lo schema ABAB, una delle più belle della letteratura italiana, e abbiamo apprezzato ancor più che alle scuole elementari si guardino bene dal farla studiare.

Anche il poeta e cantautore Freak Antoni, fondatore dei mitici Skiantos, rimase folgorato da piccolo da X agosto. Chissà se aveva avuto la stessa maestra di mio fratello.