LA DATA

9 settembre 1998

«Tutto mi spinge verso una totale ridefinizione della mia attività professionale. In breve tempo ho conseguito un successo di pubblico ragguardevole. Per continuare la mia strada ho bisogno di nuove mete artistiche, di nuovi stimoli professionali: devo distruggere l’immagine squallida e consumistica che mi hanno cucito addosso. Non parlerò mai più, perché un artista deve comunicare solo per mezzo del suo lavoro. L’artista non esiste. Esiste la sua arte.» Questo è quanto dichiarò Lucio Battisti in una intervista del 1979 e che corrisponde anche al pensiero di chi scrive, quindi niente tratti biografici.

Battisti se li è fatti tutti quegli anni roventi in cui il mondo doveva cambiare, se li è fatti in mezzo ad accuse di fascismo nate dalla disamina di alcune canzoni in cui i versi “incriminati” sarebbero «planando sopra boschi di braccia tese» de La collina dei ciliegi, «O mare nero o mare nero» da La canzone del sole, entrambi posti a ricordare le grandi adunate fasciste, secondo i commentatori, oppure «la fiamma si alza ancora dentro me», dal brano Vendo casa.

Come ci ricorda Michele Serra in un bell’articolo del 1998: «La biforcazione tra canzonetta e canzone colta fu in quegli anni netta e anche traumatica, riflettendo la medesima spaccatura tra impegno e disimpegno che divideva la società e specialmente la gioventù. Di qui (non certo dal fragile pettegolezzo, ieri nato dalla bigottaggine della sinistra e oggi scioccamente riecheggiato a destra, che voleva Battisti “fascista”) la solida collocazione di Lucio in un suo mondo a parte, nettamente separato da quello dei grandi cantautori come De André, Guccini, De Gregori, Dalla, Vecchioni e più tardi Fossati e Conte». E, ancora: «Ammesso e concesso che chi scrive sia stato, in quegli anni, tipicamente ragazzo di sinistra, sono in grado, oggi, di sfidare in un pubblico duello, chitarra alla mano, chiunque perseveri nella buffa teoria che Battisti fosse all’indice, o ci si vergognasse di amarlo. So eseguire ancora oggi, quasi correttamente e a memoria, almeno una ventina di sue canzoni. Ed è allora che le ho imparate per tutta la vita».

Quelle canzoni erano tanti piccoli miracoli che Battisti creava per la gente. E sono quelle la sua vera storia. Chi è che non ha preso la chitarra in mano per la prima volta e si è immediatamente cimentato con La canzone del sole? Le canzoni di Battisti sono quelle che più facilmente la gente ama cantare, in cui si ritrova istantaneamente, attraversando ceti, gusti, età anagrafiche. A queste canzoni non si resisteva, e non si resiste ancora oggi.

«perché quando cade la tristezza in fondo al cuore come la neve non fa rumore».                         Emozioni 1970