LA PAROLA

Accallare

Maria, contadina maremmana, chiama Giobatta, il job act e dice che le ricorda un suo amore giovanile. A Londra non saprebbe chiedere del gabinetto però non ha difficoltà ad accallare una finestra e neanche ad accapannarla, ad accostarla, se fa freddo a chiuderla e, se il sole brucia l’asfalto, a spalancarla.

Nel mondo di windows, con finestre che nelle più diverse versioni si aprono da ogni monitor, Maria è l’esempio pratico dell’Accademia della Crusca vissuta per le strade, nelle aie, nelle botteghe, nel mondo di quelli che ancora stentano a capire il linguaggio della tv ma ne praticano uno più ricco.

Troppo riduttivo l’“open the window” o il “close the window”. All’immediatezza di un’azione che non ammette sfumature, Maria contrappone la lenta attività di chi sa scoprire e usare i particolari.

Se vuoi aprire una finestra, lo devi fare davvero con le ante che ruotano fino a toccare la parete dalla loro parte.

E se vuoi chiuderla, perbacco, devi fare in modo che non entri neanche uno spiffero e non devi dimenticare di girare la maniglia. Che invece può restare aperta quando si vuole solo accostare, cioè far aderire le scannellature ma non impedire che l’imposta si possa aprire con facilità.

Per cambiare aria alla stanza le finestre si accapannano, cioè si fanno ruotare non completamente le ante in modo che, al centro, si formi qualcosa di simile al tetto di una capanna. Hai voglia di cambiare aria in questo modo.

Può accadere che invece di aria se ne voglia far passare poca ed allora conviene accallare la finestra: un’imposta ferma e chiusa e l’altra che si avvicina ma lasciando uno spiraglietto, ovvero creando una sorta di valvola per regolare il flusso.

A sera, invece le finestre si possono sprangare, una cosa che non si faceva più ma che sta tornando di moda per andare a letto più tranquilli. Good night, Maria.

Tags