«Allegria!» diceva Mike Bongiorno per salutare i numerosi spettatori delle sue trasmissioni. Nel vocabolario Treccani si legge che l’allegria è «contentezza, buon umore, anche di più persone insieme, che si esterna in modo vivace e spesso rumoroso» e sopratutto «differisce dall’allegrezza in quanto, più che il sentimento, ne è l’aspetto e la manifestazione esteriore».
L’allegria non si nasconde e quando scoppia è bello che si manifesti, in modo spesso contagioso. Si può essere allegri per breve tempo o esserlo come condizione naturale; ci sono quelle persone allegre per indole, capaci di affrontare anche le avversità con spirito positivo.
Non è una condizione facile da raggiungere, si sa: le difficoltà della vita, le piccole e grandi preoccupazioni, gli affanni spesso fanno cadere un velo di malinconia dal quale è difficile liberarsi. Ed è talvolta dai momenti più neri che nasce l’allegria, in una sensazione di euforia che prende il posto della disperazione perché (forse) solo chi ha provato cosa è davvero il dolore sa apprezzare il gusto dell’allegria che avanza.
Come nella celebre raccolta Allegria di naufragi di Giuseppe Ungaretti, che utilizza un bellissimo ossimoro per racchiudere le poesie dedicata alla Grande Guerra a cui aveva preso parte. Il mare è stato tormentato, le onde alte e alcuni si sono persi nel naufragio.
La tempesta, però, è passata, magari alcuni pezzi sono ancora da rimettere a posto e l’anima è ammaccata, ma è passata. E se è passata, allora, «Allegria!».