LA PAROLA

Arido

L’aggettivo arido viene dal latino arĭdus, che a sua volta deriva dal verbo arere, “esser secco”.
La definizione di un simile fenomeno fisico si presta molto bene alla sua estensione semantica: l’aridità del clima rende infeconda la terra, così come l’aridità del cuore rende infeconda la vita dell’essere umano.

Per rendere coltivabile un terreno arido è necessario portarci l’acqua, fare molti sforzi fisici, curarlo con grande attenzione. Gli ambienti aridi infatti sono aree in cui la vegetazione scarseggia a causa del suolo secco e povero di humus, con un consistente substrato minerale di roccia, o più spesso pietre e sassi. L’assenza di copertura vegetale rende ancora più difficile la situazione: di giorno il sole non trova ostacoli e picchia implacabile, mentre al freddo della notte non c’è alcun riparo. Nonostante questo, ci sono specie vegetali ed animali che sono riuscite ad adattarsi. Le piante degli ambienti aridi e rupestri si trovano a dover affrontare una serie di problemi di sopravvivenza, primo fra tutti la scarsità di acqua. Il bilancio idrico è ulteriormente aggravato dall’esposizione al sole, che tende a far evaporare i liquidi interni della pianta: per contrastare la perdita d’acqua, le piante delle zone aride presentano vari adattamenti morfologici, quali ad esempio protezioni cerose che limitano la traspirazione e riflettono il sole. Le foglie sono coriacee e spesso hanno dimensioni ridotte, per limitare la superficie di traspirazione. Gli ambienti aridi e rupestri sono gli habitat maggiormente utilizzati dai rettili, che amano i luoghi caldi ed assolati. La loro situazione ideale è rappresentata da spazi semiaperti ben esposti al sole, nei quali vi sia un’alternanza di rocce, praticelli e macchie di arbusti.

Anche della mente si dice che è arida, quando si trova nelle stesse condizioni degli habitat adatti ai rettili: poca idratazione – cioè poco arricchimento culturale, poche esperienze, poca fantasia, poca curiosità – ambiente inospitale, cioè chiuso, soffocante, senza libera circolazione d’aria e di idee. Anche qui vale lo stesso principio: l’aridità di cuore impedisce lo sviluppo armonioso della mente, limitandone l’apertura. Avete presente un covo di serpenti?

Un vento feroce si può abbattere sulle vite degli esseri umani, disseccandone la capacità di empatia, fiaccandone la resistenza emotiva in nome di un livello di performance stabilito a priori, da altri; giornate frenetiche di lavoro inaridiscono le vite e le menti degli adulti, competitive prove di abilità fiaccano il cuore dei più giovani, riempiono le loro giornate di classifiche, punteggi, disvalore.

Cresce il cuore solitario, l’appuntamento dall’analista, l’ansiolitico che ci salva l’orario di lavoro, l’isolamento in una gabbia di incertezze. Arido è il tempo che non prevede scambio, sosta, pensiero, che non prevede il tempo per l’affetto. Non è che il capitalismo, baby, dicono alcuni: l’arido vento che ci avvolge e rende improduttivi i nostri cuori e selvagge le nostre usanze.

 

 

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