LA PAROLA

Carità

La mano tesa di un bambino o di un vecchio, il cappello di un alcolizzato o la sfida di un migrante. Nelle strade delle nostre città si chiede a ogni angolo, rigorosamente ormai senza nominarla. Nessuno più dice: «Fate la carità». Eppure, spesso e volentieri, di questo si tratta. Fare la carità è il sentimento umano di soccorrere chi ha bisogno di un aiuto materiale.

Nella prima lettera ai Corinzi, San Paolo ammonisce che «senza carità non siamo nessuno e nulla di ciò che facciamo ha utilità». Del resto la parola carità proviene dal latino caritas e significa caro, amato. Nel Cristianesimo la carità è l’amore per gli altri. Non diversamente, nei confronti dei diseredati, l’islam raccomanda l’elemosina obbligatoria, il buddismo compassione e generosità, il confucianesimo benevolenza.

Oggi la parola carità si usa nel significato di solidarietà e volontariato: mettersi a disposizione di chi ne ha bisogno, non solo con i beni, ma anche con il tempo e l’energia. Basta pensare all’attività dei tanti volontari, come quelli della Caritas.

Purtroppo non sempre la carità verso gli altri è disinteressata, anzi non di rado nasconde un proprio tornaconto: è quella che si definisce carità pelosa. Quella che racconta, ad esempio, Alessandro Manzoni nella conversazione tra il Conte Attilio e Fra Cristoforo nei Promessi sposi, non è proprio carità pelosa, ma qualcosa che vi si avvicina assai: una carità «molto gelosa, sospettosa, permalosa».

È stupore quello di Joseph Roth, quando dice: «È impossibile che una città così caritatevole come Parigi non si associ ad un genere di elemosina che è la più sacra di tutte, l’elemosina della verità».

Secondo don Lorenzo Milani, «tanti pensano che quando si fa qualcosa per i poveri si fa loro un dono, ma non è così. Quando si fa qualcosa per i poveri – dice il prete di Barbiana – non si fa carità, ma si paga un debito con Dio». Pagare un debito, ecco la carità che non è pelosa.

Don Primo Mazzolari ci ricorda che la carità è sempre un po’ eccessiva. Non è assistenzialismo paternalistico né tranquillante per le coscienze, ma un modo di essere, una scelta di vita. La giustizia non è estranea, alternativa o parallela alla carità, ma intrinseca ad essa.

Per Papa Francesco «la carità non può essere neutra, asettica, indifferente, tiepida o imparziale!». E, ancora, ammonisce: «L’atto di carità non è solo un’elemosina per lavarsi la coscienza». Bergoglio, riferendosi a San Martino che donò metà del suo mantello a un povero infreddolito, osserva che «oggi possiamo vivere questo gesto aprendo le porte delle nostre case e chiese ai migranti, ai rifugiati».

Oggi, in una rinnovata forma di carità laica, non conta più la fede in chi chiede il denaro, ma la bontà del progetto, come nel caso delle tante donazioni di privati e di aziende, ad esempio, in favore di Emergency o di Medici senza frontiere. Senza dubbio possiamo definire Gino Strada un medico caritatevole.

“Per carità!”: ecco l’uso della parola carità in un’esclamazione per indicare un rifiuto ironico. “Ci faccia la carità di stare zitto”, quando si vuole enfatizzare una richiesta. Ben più nobile il “per carità di patria”, che indica affetto per il paese. In Cicerone ‘Caritas Patriae’.

Tutt’altra derivazione è quella della famigerata banda Carità, dove il nome fa riferimento a Mario Carità, centurione milanese trasferitosi a Firenze nel 1936, a capo di un efferato reparto punitivo contro la Resistenza. Tra le atrocità la strage del Terzolle.