LA PAROLA

Compleanno

«Consolati e pensa che il tuo compleanno ritorna fra poco, soltanto fra un anno»; proprio così, prendendo a prestito le parole rimate di Guccini (Il compleanno, dall’album Due anni dopo, 1970), la ricorrenza più democratica del calendario – tocca a tutti in uno dei suoi 365 giorni, a parte gli anticonformisti nati il 29 febbraio degli anni bisestili – si ripresenta, desiderata o meno, in modo ciclico e inesorabile.

Dal vocabolario Treccani si apprende che deriva dalla spagnolo cumpleaños, composto di cumplir «compiere» e año «anno»; è il giorno anniversario della nascita. Amato soprattutto dai bambini, ma per nulla disdegnato neppure tra gli adulti, il compleanno vive oggi un momento di incontenibile popolarità: non c’è giorno dell’anno in cui sui social non si festeggi il genetliaco di qualche nostro contatto, dall’amico fraterno a cui gli auguri si farebbero comunque anche senza l’incoraggiamento pressante della piattaforma virtuale, al collega antipatico del quale mai in epoche pre-social avremmo saputo del natalizio, fino al perfetto sconosciuto a cui, alla quarantaduesima foto della tavolata della festa, avendo conosciuto ormai anche i cugini di terzo grado, non ce la sentiamo di negare un piccolo cenno di auguri, specie poi dopo averli fatti al collega antipatico di cui sopra.

Piccolo momento di celebrità, al quale in pochi si sottraggono, il giorno del compleanno ci si ritrova oggetto di qualche attenzione in più, piacevolmente circondati di affetto, vero o presunto che sia; i più fortunati addirittura sorpresi e commossi dall’amico caro che non sentivano da tempo.

Più ragionevole senz’altro sarebbe far arrivare premure e sentimenti più spesso che non un giorno all’anno; e che dire poi di tutte le ri-nascite individuali, da quelle conquistate con coraggio e fatica alle altre regalateci in sorte dal caso, non meno degne di celebrazione di quella effettivamente registrata all’anagrafe. È forse opportuno, allora, dar ragione a Lewis Carroll e prendere in più seria considerazione l’unbirthday, il non compleanno, che, come Humpty Dumpty spiega ad Alice, è la possibilità di ricevere doni ingenetliaci durante 364 giorni dell’anno, contro quella di riceverli in un giorno solo dell’anno.

Spostandoci dalla verticalità autonoma e bilanciata su se stessa dell’Io verso una curvilinearità dello stesso, collegata e flessibile, si potrebbe provare a dimenticarsi di se stessi per festeggiarsi tutti i giorni; una vera conquista. Buon non compleanno!

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