LA PAROLA

Endecasillabo

La decima porta l’ultimo accento.

Questa frase conta dodici sillabe, se sommiamo quelle che compongono ciascuna parola. Se la considerassimo un verso, da un punto di vista metrico, ne avrebbe undici, fondendosi foneticamente l’ultima di ultimo con la prima di accento.

Secondo una prima definizione che se ne da nella tradizione metrica italiana – con una certa emozione – ci troveremmo quindi di fronte ad un endecasillabo: un verso che si compone di undici sillabe, delle quali la decima è accentata. Per fortuna non è metro da paragone: ne abbiamo esempi molto migliori e lo vedremo.

Ne potrebbero in effetti bastare dieci – di sillabe – come accade se l’ultima parola del verso sia tronca, cioè con l’accento tonico sull’ultima sillaba (libertà, criminalità). Vale anche po’, senz’accento, ma apostrofata. Potrebbe averne anche dodici – metriche – o di più se sia invece sdrucciola o bisdrucciola. Parola cioè che scivola via un po’ più lontano.

In questi casi si parla di endecasillabo ipermetro. Abbiamo addirittura casi di endecasillabi di sedici sillabe. L’ultimo accento cade sulla decima.  Dopo è tutto uno sdrucciolare e non vale. Conta eventualmente per l’effetto che fa. Per quanto mi riguarda trovo del tutto inutili tentativi di comporre endecasillabi di tale lunghezza; non solo perché lo ha già fatto Boito – che avrà avuto sicuramente i suoi scapigliati motivi – quanto perché si traducono inevitabilmente in prove di abilità, esercizi di stile.

All’interno dell’endecasillabo gli accenti si muovono con una certa libertà. Questo il motivo per cui è così utilizzato nella poesia italiana, lascia spazio, non ingabbia. L’endecasillabo è duttile e liquido.

Nella nostra tradizione sono conosciute due forme principali nell’ambito del canone.

L’endecasillabo a maiore, se il primo accento metrico cade sulla sesta sillaba; a minore se cade sulla quarta. La cesura – una pausa – cade rispettivamente dopo la settima o la quinta. Nel primo caso abbiamo un settenario – un verso cioè di sette sillabe metriche – seguito da un quinario. Viceversa nel secondo.

La frase che apre questa pagina, alla luce di quanto appena detto, sarebbe un endecasillabo sbagliato.

Mentre l’altra sera ragionavo di queste questioni ho incrociato un mio carissimo amico, già stimato allievo di Luigi Baldacci  – che della poesia era assai appassionato.

Aveva l’aria di chi sta conticchiando versi. Avendogli immediatamente raccontato dell’idea di scrivere questa parola abbiamo subito cominciato a parlottare fitto fitto, contando sillabe, tanto che qualche turista meno distratto avrà certamente pensato che giocassimo alla morra, anche se vero azzardo sarebbe stato il supporre che potessimo parlare di poesia.

A parte queste divagazioni, il mio amico mi ha subito fatto un esempio di un altro endecasillabo non corretto – ma forse sì – ma sublime, che tutti abbiamo letto almeno una volta nella nostra vita mortale….. Risulterebbe sbagliato se lo leggessimo così come si scrive.

Quel tempo della tua vita mortale

Risulterebbe corretto se lo leggessimo invece così:

Quel tempo della tùa vita mortale

Si diceva che Leopardi con ogni probabilità avesse adottato questa seconda possibilità. Ma non ci voglio credere. Riflettendoci, quell’accento stravolgerebbe il senso e la solennità del verso dando risalto alla parola tùa quando la morte – che non è certo questione così privata riguardandoci tutti – è anche di per sé la fine di ogni possibilità di possesso, a cominciare dalla vita stessa. A meno che non si voglia pensare male sostenendo che quell’insistere sul fatto che fosse proprio la sua – di Silvia – la vita mortale non nasconda un qualche vago risentimento del poeta. O forse ancora è accentata metricamente anche vìta, in modo che si ottengano più cesure consecutive, interruzioni, dettate dalla disperazione, come un procedere affaticato da un’emozione dolorosa.

Una brevissima riflessione.

Se a scuola ci avessero fatto notare queste possibilità invece di chiederci il quando e il dove non sarebbe stato bello?

Per chi avesse una iniziale curiosità suggerisco Endecasillabo di wikipedia.

(un brevissimo ma grande ringraziamento al mio amico Alessio Martini).

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