LA PAROLA

Esequie

Trapasso in 4 tempi: andante, andante mosso, andante con brio, molto andante e poco brio

( Pane Amore e Fantasia 1954 – Tina Pica e Vittorio De Sica)

Parte 1 – il rito cattolico
Prima di affrontare l’argomento diamo la parola all’esperto: Decreto della Sacra Congregazione per il Culto divino Ordo exsequiarum (n. 720/69 del 15-8-1969). La lettura di questo «vademecum del Trapasso» è avvincente come un romanzo, ma sopratutto non ti lascia mai senza soluzioni nel caso fossi un novizio alle prime armi.

Tanto per cominciare è bene aver chiaro cosa sono le esequie secondo il rito romano. All’art.1 si recita: «La liturgia cristiana dei funerali è una celebrazione del mistero pasquale di Cristo Signore. Nelle esequie, la Chiesa prega che i suoi figli, incorporati per il Battesimo a Cristo morto e risorto, passino con lui dalla morte alla vita e, debitamente purificati nell’anima, vengano accolti con i santi e gli eletti nel cielo, mentre il corpo aspetta la beata speranza della venuta di Cristo e la risurrezione dei morti».

Il povero prete novizio che si trovi davanti al suo primo defunto con relativa incertezza sul da farsi davanti ai tre tipi di esequie e cioè:

a) Il primo tipo ha tre «stazioni» o soste: nella casa del defunto, in chiesa, al cimitero.
b) Il secondo tipo due «stazioni» : nella cappella del cimitero e al sepolcro.
c) Il terzo tipo ha una sola «stazione»: nella casa del defunto,
sarà affrancato dall’art.4 che porge una dettagliata descrizione per ogni tipologia e che, sensatamente, suggerisce già di scartare le esequie del primo tipo, quello delle tre «stazioni», considerato che, nello specifico, è prevista una processione da casa del defunto alla chiesa e che, con molta probabilità, anche l’automobilista più devoto potrebbe essere tentato di ampliare il numero delle esequie.

Immaginando risolto agilmente il problema di cui sopra, il povero prete alle prime esequie potrebbe non aver chiaro il copione e trovarsi davanti al dilemma di cosa fare del defunto al momento dell’Aspersione e Incensazione. Nessun problema! Non deve fare altro che cavare di tasca il vademecum e leggersi l’art.10: «Anche l’aspersione, ricordo del Battesimo che ha iscritto il cristiano nel libro della vita, e l’incensazione, onore reso al corpo del defunto come tempio dello Spirito Santo, rientrano nei gesti rituali del commiato. Il rito dell’ultima raccomandazione e del commiato si può compiere soltanto nelle esequie presente il cadavere»….

Il cadavere è quindi pregato di non andarsene a giro!

E fin qui il povero prete la sfanga, tanto poi si sotterra il defunto e tutti a casa. Ma se si solleva il problema della Cremazione l’affare si complica perché come recita l’art. 15: «Le esequie siano celebrate secondo il tipo in uso nella regione, in modo però che non ne resti offuscata la preferenza della Chiesa per la sepoltura dei corpi…. e sia evitato il pericolo di ammirazione o di scandalo da parte dei fedeli». In tal caso, il povero prete è bene conosca il latino e tenga nell’altra tasca l’altro vademecum ovvero il De cadaverum crematione datato 8 maggio 1963.

Insomma, l’unica cosa che manca in questo dettagliato vademecum è un numero verde di riferimento per il povero prete.

Anche la mitica Treccani, non lascia dubbi e definisce le esequie come «gli estremi onori resi a un defunto; più particolarmente, il rito funebre che si compie in chiesa secondo le norme liturgiche, prima del trasporto della salma al cimitero, secondo le norme liturgiche stabilite con l’Ordo exsequiarum»

Parte 2 – il rito civile

Tutt’altra storia per i riti civili che rappresentano veri e propri momenti di rivoluzione culturale, soprattutto in Italia. Ci limitiamo, in questa sede, a un volo d’uccello sull’argomento, rinviando gli interessanti approfondimenti al curatissimo sito dell’UAAR, Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti

Storicamente, a parte qualche eccezione, è solo nel XVII secolo, e specificatamente in Francia, che alcuni “spiriti liberi” iniziano a pretendere che le proprie esequie non siano “assistite” da esponenti ecclesiastici. Non vi è da stupirsi che i funerali civili siano una realtà relativamente recente: fino a quell’epoca l’empietà, la non credenza, era ancora passibile della pena di morte. Nel Settecento una pletora di abati scrisse alcuni testi inequivocabili sull’argomento: da Il quadro degli increduli moderni sul letto di morte a La Mano di Dio sugli increduli, fino alla Raccolta della morte funesta dei più celebri empi dall’inizio del mondo fino ai nostri giorni. Tutto ciò non fermò comunque l’evoluzione civile dell’ultimo saluto al defunto. Nell’Ottocento, anche dopo la Restaurazione, molti personaggi famosi cominciarono a “difendersi” dagli interessi clericali sul proprio trapasso, come Victor Hugo che fece sorvegliare la propria stanza da persone fidate o Giuseppe Garibaldi che lasciò in proposito un testamento chiarissimo: «Siccome negli ultimi momenti della creatura umana il prete, profittando dello stato spossato in cui si trova il moribondo e della confusione che sovente vi succede, s’inoltra e, mettendo in opera ogni turpe stratagemma propaga, con l’impostura in cui è maestro, che il defunto compì, pentendosi delle sue credenze, ai doveri di cattolico; in conseguenza io dichiaro che, trovandomi in piena ragione, oggi non voglio accettare in nessun tempo il ministero odioso, disprezzevole e scellerato di un prete, che considero atroce nemico del genere umano e dell’Italia in particolare. E che solo in stato di pazzia o di ben crassa ignoranza, io credo possa un individuo raccomandarsi a un discendente di Torquemada».

In Italia, la norma è dettata dal decreto del Presidente della Repubblica 285/90, successivamente rimaneggiato in alcune sue parti, come quella relativa alla cremazione. La norma prevede che I Comuni si dotino o individuino Sale del Commiato da mettere a disposizione per effettuare funerali civili e prevede anche che nei cimiteri siano individuate aree destinate agli acattolici, ma come nella migliore delle tradizioni nazionali, è rimasta spesso inapplicata, tanto che, per esempio, il Tar della Lombardia, nel 2013, ha condannato il Comune di Brescia.

Per contro, vale la pena ricordare che tanta parte della recente storia italiana ha chiesto esequie laiche: Enrico Berlinguer, Italo Calvino, Altiero Spinelli, Goffredo Parise, Carlo Cassola, Massimo Mila, Alberto Moravia, Sandro Pertini, Luigi Nono, Nanni Loy, Luciano Lama, Helenio Herrera, Nilde Jotti, Leo Valiani, Massimo D’Antona, Indro Montanelli, Lucio Colletti, Carmelo Bene, Francesco De Martino, Franco Lucentini, Luigi Pintor, Luciano Berio, Alessandro Galante Garrone, Norberto Bobbio, Tiziano Terzani, Luigi Meneghello, Bruno Trentin, Vittorio Foa, Mario Monicelli, Giuseppe, D’Avanzo, Antonio Tabucchi, Miriam Mafai, Italo Insolera, Franca Rame, Carlo Lizzani, Arnoldo Foà, Francesco Rosi, Livio Garzanti, Sebastiano Vassalli, Pietro Ingrao, Luciano Gallino, Luca De Filippo, Valerio Zanone, Ettore Scola, Umberto Eco, Marco Pannella, Giorgio Albertazzi, Dario Fo, Umberto Veronesi, Claudio Pavone, Tullio De Mauro, Valentino Parlato, Stefano Rodotà, Paolo Villaggio.

Parte 3 – Impegno civile
Anche se buona parte di questo Paese oppone fiera resistenza alla sua evoluzione culturale, esistono realtà di impegno sociale e civile. Ne citiamo una significativa che si è messa in testa di raccontare storie attraverso un progetto.

Sia Fatta la Mia Volontà è un docu-film, ma anche un libro della filosofa e studiosa di scienze sociali Marina Sozzi, realizzato dalla compagnia teatrale Schegge di Cotone: non siamo davanti a un documentario etnografico, ma a una narrazione della visione laica della morte e delle tematiche quali l’accanimento terapeutico, il testamento biologico, il rapporto Stato-Chiesa in Italia. Il film vede anche i contributi di Ascanio Celestini, Alessandro Bergonzoni, don Alessandro Santoro.

Parte 4 – Ultime Volontà

Bene! A questo punto, per non lasciare dubbi né ai lettori, né alla famiglia, né al povero prete di cui sopra, su come l’autore del presente articolo intenda le proprie Esequie, ecco alcune strofette anonime, probabilmente di origine anarchica a cura di Leoncarlo Settimelli e Laura Falavolti:

«E quando muoio io non voglio preti,
non voglio preti e frati né paternosti,
ma quattro bimbe belle alla mia barella,
ci voglio il socialista e la sua bella».