LA PAROLA

Libro

Certo, per libro s’intende usualmente un certo numero di fogli a stampa o manoscritti della stessa misura, assemblati e rilegati insieme secondo una successione logica.

Ma il libro, seppur oggetto apparentemente semplice, è molto di più di quello che viene etichettato da quel termine attestato nella lingua italiana a partire dal XIII secolo, quando i codici venivano copiati negli scriptoria dei monasteri da amanuensi e miniaturisti, pazienti e meticolosi monaci specializzati in questa fondamentale attività.

Come riportava l’Iscrizione posta sopra la porta della Biblioteca di Tebe, fondata nel XV secolo a. C, i libri sono «medicina per l’anima» o, come ricordava Marguerite Yourcenar, «I libri sono riserve di grano da ammassare per l’inverno dello spirito». E di conseguenza le biblioteche sono delle farmacie per l’umanità. Basti pensare che presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, la più grande d’Italia, sono conservati quasi sette milioni di “farmaci” che si estendono su oltre 130 chilometri di scaffalature: una vera autostrada di parole.

Ben poca cosa rispetto alla Biblioteca del Congresso di Washington, la quale conserva 128 milioni di libri, è considerata la più grande in assoluto, oltre che la Biblioteca nazionale degli Stati Uniti, e compare qui tra le 14 più belle del mondo.

Dal latino liber, che anticamente indicava la parte interna della corteccia che disseccata veniva utilizzata per scrivere, ha origine la parola italiana libro, volume. Anche il termine greco byblos (dal fenicio ­gybl) nasce con lo stesso significato relativo alla lamina interna e flessibile delle piante su cui si poteva scrivere, ovvero il “libro”. Anche se poi dalla corteccia siamo passati al papiro e alla pergamena, per poi giungere infine alla carta (senza tener conto della rivoluzione tecnologica che ha portato alla nascita dell’editoria digitale) in una millenaria vicenda a più tappe, che va dal rotolo al codice, dal libro tipografico all’e-book.

Il libro a stampa, oggetto fisico tra i più comuni e diffusi al mondo, prende origini dalla seconda metà del Quattrocento. È a partire da allora, in questi cinque secoli di storia, da quel primo rivoluzionario torchio tipografico ideato dall’ingegnoso Johann Gutenberg, che quanto viene stampato sulle sue pagine documenta l’evoluzione degli interessi culturali, specificità e tendenze delle diverse epoche storiche.

Per essere precisi il primo libro stampato con i caratteri mobili è da considerare la celebre Bibbia a 42 linee, dal numero delle linee di testo che componevano ogni pagina, che venne messa in vendita a Francoforte sul Meno nel 1455.

La lunga storia del libro è quindi anche la storia degli effetti della sua disseminazione e divulgazione. Infatti la tecnica tipografica sconvolse il sistema di comunicazione sociale, visto che dai manoscritti ad esemplare unico nel giro di un secolo si passò a più di cento milioni di copie di volumi a stampa.

Seppur in forme diverse, il libro è stato, ed è, mezzo fondamentale per acquisire, attraverso la lettura, conoscenze e informazioni in tutti i campi del sapere umano. A prescindere che sia un opuscolo o un libretto, o più ufficialmente, come ricorda una raccomandazione dell’Unesco del 1964, il libro sia «una pubblicazione stampata, non periodica, con più di 49 pagine».

Nella storia della scrittura, il libro esercita oltre a questa funzione di basilare conservazione della memoria storica di una civiltà, un oggetto di estrema valenza simbolica e culturale, basti pensare all’utilizzo nella storia delle religioni o dei movimenti politici.

E, così, il libro, nella sua funzione d’uso, arriva a tutti (o quasi), diviene affare di storici e sociologi, religiosi e laici, economisti e filologi, collezionisti e commercianti, scrittori e artigiani, pittori e perfino ladri.

Il libro, come oggi viene concepito, seppur nella sua variabilità, prevede delle componenti “istituzionalizzate” che meriterebbero tutte una specifica trattazione: il frontespizio, l’occhiello, la dedica, la prefazione, l’introduzione, gli indici, il testo, la bibliografia, la biografia, il colophon.

Dato l’argomento viene da segnalare un libro curioso ed interessante di Ella Berthoud e Susan Elderkin, dal titolo evocativo Curarsi con i libri. Rimedi letterari per ogni malanno, pubblicato qualche anno fa da Sellerio, dove le autrici scrivono nell’introduzione di questo dizionario di romanzi dalle specifiche virtù terapeutiche e potere curativo: «Qualunque sia il vostro disturbo, la nostra ricetta è semplice: un romanzo (o due), da prendere a intervalli regolari».

Le singolari ricette di questo speciale libro di medicina a terapia romanzesca suggeriscono antibiotici narrativi che permettono di curare il cuore spezzato con Emily Brontë e il mal d’amore con Fenoglio, l’arroganza con Jane Austen e il mal di testa con Hemingway, l’impotenza con Il bell’Antonio di Vitaliano Brancati, i reumatismi con il Marcovaldo di Italo Calvino, (un consiglio non riportato nel libro, per chi volesse impegnarsi nel gioco del tennis, risulta di fondamentale importanza la lettura di Open di Andre Agassi) alla ricerca del romanzo perfetto per alleviare la solitudine o di un forte tonico letterario per rinvigorire lo spirito e rimedio ad ogni nostro malanno.

Un romanzo letto al momento giusto può davvero cambiarci la vita, e questo prontuario è una attestazione del potere curativo della letteratura di ogni epoca e luogo, dai classici ai contemporanei, dai più celebri romanzi ai libri più rari e di culto.

Oltre le «prescrizioni mediche» in questo divertente volume non mancano consigli per guarire le idiosincrasie tipiche della lettura, come il sentirsi sopraffatti dai tanti volumi che si affacciano dagli scaffali della libreria, o il vizio apparentemente insanabile di lasciare un romanzo a metà.