LA PAROLA

Maccaja o macaia

«Macaia, scimmia di luce e di follia, foschia, pesci, Africa, sonno, nausea, fantasia….», cantava Paolo Conte nella sua Genova per noi. Bisogna essere nati e cresciuti nel Capoluogo ligure, per conoscere a capire cosa sia esattamente la macaia o maccaja, al cui soffio caldo «Genova apriva le sue labbra scure», scrive Cristiano De André nella canzone Notti di Genova.

Conte, pur essendo astigiano, ha descritto magistralmente in pochi versi, l’effetto prodotto dalla risalita delle possenti nubi scure e minacciose, tali da lasciar presagire scrosci di pioggia che caratterizzano questo fenomeno e trasformano Genova, in un luogo «di luce e di follia», in grado di suscitare stati d’animo opposti, tra cui la malinconia e la noia, la fantasia e la paura. Sarà stata la sua frequentazione con i cantautori genovesi o il fatto che conosceva bene la città, ma in ogni caso, ha reso alla perfezione il significato di un termine a tutti gli effetti intraducibile.

Maccaja o macaia è una parola ligure, che indica una particolare condizione meteorologica tipica del golfo di Genova. Si verifica quando soffia il vento da sud est, lo scirocco, il cielo è nuvoloso e c’è un elevato tasso di umidità. Con il tempo, è entrata nella terminologia nautica, sempre riferita geograficamente al golfo di Genova, ma, per estensione, viene utilizzata anche per descrivere uno stato d’animo cupo e melanconico. Per i liguri la maccaja è nebbia sul mare e nell’anima, tanto da far dire a Gianni Brera, che «a Genova non si può giocare bene al calcio perché c’è la macaia». Nemmeno il tifo, sembrerebbe quindi scalfire la melanconia provocata da questa condizione meteorologica.

«D’inverno questo fenomeno può creare uno sbalzo termico – si legge su Wikipedia – con la Pianura Padana anche di +15°, rendendo in taluni casi e a determinate condizioni, Genova la zona in quel momento più mite d’Italia. In primavera, invece, quando una massa di aria calda passa sopra il mar Ligure ancora freddo, può causare giornate con cielo coperto, fredde e uggiose, con temperature più basse di quelle che si registrano nella più fredda Padana».

L’origine del termine è piuttosto controversa: potrebbe derivare dall’arabo, dalla parola greca μαλάκια, che, tra i vari significati non tutti propriamente eleganti, ha anche quello di languore, morbidezza. Oppure dal latino malacia, in questo caso inteso come bonaccia. Alcuni ne attribuiscono l’origine alla parola maccherìa, che in gergo marinaresco indica il mare piatto e il cielo nuvoloso, i più fantasiosi azzardano una derivazione dall’inglese muggy-air, aria umida. Tutte queste teorie hanno in comune l’accostamento alla principale caratteristica del fenomeno atmosferico: l’umidità, i cielo scuro, le forme morbide delle nubi basse, che di sera si colorano delle luci della città e le riflettono sul mare, contribuendo a orientare lo stato d’animo verso la melanconia, la cupezza.

Maccaja, infine, il titolo di un noir dello scrittore Bruno Morchio, della serie che vede per protagonista l’investigatore genovese Bacci Pagano.

Fortunatamente, verrebbe da dire, è anche il nome di un vino bianco dolce, da uve scimiscià, un raro e pregiato vitigno autoctono ligure, che produce un vino fruttato, profumato e persistente come i colori e i sapori della riviera. Affinché non si pensi che il golfo di Genova sia solo macaia.