LA PAROLA

Menefreghismo

Chi è il menefreghista? Tendenzialmente è colui che denota mancanza totale di attenzione nei confronti di altre persone o dei propri doveri, indifferente, indolente, cinico e qualunquista. Peggio ancora, nel profilo del menefreghista possiamo trovare anche l’ostentazione di un’orgogliosa coscienza di sé stesso.
Non dobbiamo nascondere che, a volte, una dose di sano menefreghismo aiuta a vivere meglio laddove non è necessario farsi cruccio di tutto tanto da rovinarsi l’esistenza. Ma qui siamo nel campo delle scelte che riguardano la nostra personalissima vita interiore e non ha niente a che fare con l’indifferenza verso il prossimo nella quale, peraltro, stiamo precipitando.

“Me ne frego”
D’annunzio forgiò l’espressione per l’impresa di Fiume, poi Mussolini mise il menefreghismo al centro del patrimonio simbolico della sua azione. Il motto è ricamato in oro al centro del gagliardetto azzurro dei legionari fiumani. Un motto “crudo”, come lo definì il “Vate”, tratto dal dialetto romanesco, ma a Fiume – disse il Comandante – «la mia gente non ha paura di nulla nemmeno delle parole». Il motto appare per la prima volta nei manifesti lanciati dagli aviatori della Squadra del Carnaro su Trieste. Durante il Ventennio fu usato per tacitare qualsiasi obiezione alle scelte del regime, per definizione indiscutibili dai federali e dai podestà in su.

Ed ecco che il “me ne frego” è tornato pericolosamente ad essere il frequente intercalare del linguaggio privato e pubblico e diventa inaccettabile quando il menefreghismo del “me ne frego” esce dalla bocca di chi invece dovrebbe fregarsene, eccome!

La domanda sorge spontanea: come può un ministro dell’Interno della Repubblica italiana replicare con un “me ne frego” a chi gli fa notare che il Decreto Sicurezza farà scattare centinaia di ricorsi? Ma i “me ne frego” di Salvini hanno tuonato su molti argomenti: le decisioni di Bruxelles su immigrazione e limiti economici; lo spread che sale; le inchieste avviate dalla Magistratura a suo carico; le opinioni degli avversari politici. Pure Di Maio non si è lasciato sfuggire l’occasione quando a settembre dello scorso anno pronunciò il suo «Non me ne frega niente se c’è un’agenzia di rating che dice che il reddito di cittadinanza è inopportuno».

Che altro aggiungere quando la prima mancanza di rispetto verso ognuno di noi esce dalla bocca di rappresentanti dello Stato, o meglio, della Repubblica? Ma questo è solo un esempio della dilagante desertificazione intellettuale in cui ci stiamo infilando. Quindi, ancora una volta tocca ad ognuno di noi farsi carico di contrapporre il proprio “I care” al “me ne frego”. Lo scrisse don Lorenzo Milani, su un muro della sua scuola popolare di Barbiana: “I care” (“mi sta a cuore”), uno degli slogan più amati dai giovani americani degli anni Sessanta, ovvero, il senso della partecipazione, che è la vera ragione del valore morale e politico di queste due parole e della vita tutta.
«La Libertà non è star sopra un albero…Libertà è partecipazione», Giorgio Gaber.