LA PAROLA

Nuvola

Arrivano da ovest

coprono la luna

le nubi – non un suono

(Jack Kerouac, Il libro degli Haiku)

Acqua; prima di qualsiasi definizione, una nuvola è essenzialmente acqua. Espressione esclusiva di uno stato particolare dell’elemento vitale: acqua nell’aria, vapore fluttuante nell’atmosfera in una sospensione visibile ad occhio nudo, né liquida, né solida, eppure organizzata in forme e volumi distinti tanto da poter ispirare classificazioni. Già da questa prima antinomia emerge la caratteristica essenziale di una nuvola: una contraddizione in termini, convivenza pacifica degli opposti, irriducibilità alle leggi del razionale e dell’oggettivo.

Una quantità enorme di goccioline – circa dieci milioni per metro cubo – ciascuna delle quali con un diametro di appena qualche millesimo di millimetro, crea uno spiegamento di innumerevoli microsuperfici che riflette la luce in tutte le direzioni conferendo alla nuvola il suo aspetto diffuso e lattiginoso. Le microgoccioline sono il frutto del passaggio di stato dell’acqua che, da vapore, invisibile, al contatto con l’aria fredda si condensa, liberando calore; la comparsa di una nuvola corrisponde quindi a un cambiamento fisico, una transizione, passaggio di stato appunto, movimento. Nell’atmosfera, acqua e aria, compenetrandosi e diffondendo l’una nell’altra, rispondono a minime variazioni di temperatura con intense espansioni e contrazioni, cui conseguono rarefazioni e condensazioni materiali, come fossero i movimenti di un respiro.

Eppure, affinché una nuvola nasca non è sufficiente dell’aria contenente dell’acqua al punto di rugiada. Le singole molecole d’acqua presenti nell’atmosfera si uniscono a formare goccioline liquide solo se trovano un catalizzatore da cui cominciare; hanno bisogno di un centro intorno al quale aggregarsi: come scrive il botanico e paesaggista francese Gilles Clément «senza particella – senza “impurità” – la condensazione non avviene. Il materiale particellare a disposizione ricopre un ambito esteso, dalle polveri di loss ai micro-organismi. Una nuvola non va considerata solo come acqua allo stato di vapore, di rugiada, ma come un insieme complesso, impuro e informato. La natura delle informazioni racchiuse nella nuvola attiene alla natura delle impurità che la fanno esistere». Concretezza delle nuvole.

Contrariamente all’immaginario comune, dunque, e al linguaggio parlato – “avere la testa tra le nuvole”, “vivere tra le nuvole” come sinonimi di atteggiamento distratto, sventato, sognante e del tutto privo di senso pratico – una nuvola ha invece un rapporto tanto stretto con la realtà quanto intimamente è collegata con la Terra.

Portatrice di precipitazioni e nutrimento, effetto protettivo contro un’eccessiva dispersione dell’irradiamento solare e, al contempo, strumento di rivelazione del divino come si ritrova in gran parte delle culture e dei miti delle popolazioni di tutto il mondo.

Sorta di confine tra terra e cielo, la nuvola nasconde e rivela; preclude allo sguardo un altrove immaginato, mentre con la sua presenza sospesa rende possibile percepire il rilievo inferiore di un cielo, apprezzarne maggiormente la profondità, esaltarne l’ampiezza, disegnarlo.

Passaggio fugace di forma all’interno di una successione dinamica senza fine, la nuvola è un campo aperto alla soggettività di ciascuno, una macchia di Rorschach naturale, autentico esempio della proiezione su di un’immagine di contenuti personali.

In perenne evoluzione con la sua incessante metamorfosi, è nella provvisorietà che si riconosce il suo carattere essenziale, in questo darsi come precaria, evanescente. Il tramutarsi senza tregua delle nuvole l’una nell’altra, diventa simbolo stesso del divenire, dello scorrere del tempo, del movimento vitale; nell’apparente immobilità della volta celeste, per dirla con Calvino, «solo le nuvole intervengono a creare l’illusione d’una corsa e d’una metamorfosi rapide, o meglio, a dare una vistosa evidenza a ciò che altrimenti sfuggirebbe allo sguardo».

Eludendo senza imbarazzo le maglie imbriglianti delle numerose classificazioni tentate nel corso dei secoli, da Lamarck ad Howard – è di quest’ultimo, che la presentò nel 1802 con una conferenza dal titolo significativo On the Modifications of Clouds, quella utilizzata ancora oggi – da Goethe a Fosco Maraini, le nuvole offrono da sempre il proprio aspetto effimero e disordinato alla sensibilità e all’estro di pittori, poeti, fotografi, registi, architetti e creativi d’ogni genere: i cieli di John Constable e quelli di Luigi Ghirri, le nuvole di Pasolini, di Baudelaire, di De André, i cumuli soffusi ricreati in una stanza di Berndnaut Smildeasper, il Cloud nella lounge gallery dell’aeroporto londinese di Heathrow e quello dello spazio immateriale del web; l’inafferrabilità delle nuvole è una fonte inesauribile d’ispirazione e, per analogie e metafore, occasione continua per divagazioni poetiche. Spaesanti perché annullano confini, espressione di mescolanze, irregolari, impermanenti, la consuetudine con le nuvole non diminuisce le ragioni di tanta fascinazione.

La duttilità di una nuvola, il lasciarsi attraversare anche dai suoi stessi costituenti – le molecole d’acqua si limitano a passarci dentro – senza resistenze, sembra convogliare la sua energia verso processi più ampi: le interrelazioni degli esseri con i componenti del loro ambiente.

Alte o basse, sono lì, con la loro eccentricità fuor di geometria, ad affermare che tutto è in tutto e che, con le parole del vietnamita Thich Nhat Hanh, «quando bevi il tè, stai bevendo nuvole».

Le foto che accompagnano il testo sono di Laura Albano che si ringrazia per la gentile concessione dei suoi bellissimi scatti.

Bibliografia:

Calvino I. Palomar, Einaudi, 1983

Ceravolo T. Storia delle nuvole, Rubbettino, 2009

Clément G. Nuvole, DeriveApprodi, 2011

Greenaway P. Volare via dal mondo, Abscondita, 2011

Nhat Hanh T. Il miracolo della presenza mentale, Ubaldini Ed., 1992

Pretor-Pinney G. Cloudspotting, Guanda, 2006

Schwenk T. Il Caos sensibile, Arcobaleno Ed., 2012

Treccani Vocabolario on line www.treccani.it

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