LA PAROLA

Parola

Da lì si parte. Senza di essa non saremmo qui a scrivere questa rubrica, né molto altro. Non comunicheremmo. È, dice la Treccani, «la minima unità isolabile all’interno della frase e del discorso, dotata di un significato e di una funzione autonomi, e formata da uno o più fonemi». E ancora un «complesso di fonemi, cioè di suoni articolati [], e la relativa trascrizione in segni grafici, mediante i quali l’uomo esprime una nozione generica, che si precisa e determina nel contesto d’una frase».

Assume il suo stesso significato quanto è impresso nell’incipit della Genesi: in principio era il verbo, il dire, il linguaggio, come se il mondo non esistesse non potendolo narrare e non esistessero parole che consentano di farlo.

Essere di parola è garanzia di affidabilità, la parola chiave e quella d’ordine consentono di accedere. Se è di marinaio, con rispetto per chi naviga, meglio guardarsene.

Inaugura una rubrica, di queste fatta, come la rivista che le raccoglie una al giorno, come in un racconto di Daniele Pugliese: Amore in buca. Per tesserle. Come in un rosario. Come in un dialogo.

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