LA PAROLA

Post-verità

Trattasi di un anglismo di acquisizione recente ma che sta ottenendo un clamoroso successo e che sembra destinato a segnare un’epoca, tanto che ha addirittura ottenuto la benedizione dell’Accademia della Crusca.

La parola che traduce letteralmente il termine inglese post-truth incombe sulle nostre vite molto più di quanto possiamo immaginare. Ha giocato, come molti massmediologi e politologi si affannano a sostenere, un ruolo determinante nel risultato del referendum sulla Brexit e all’elezione di Trump. E, tanto per darvi un’idea che non stiamo parlando di un anglismo qualsiasi, vi basterà sapere che gli autorevoli Oxford Dictionnaires, l’hanno proclamata Word of the Year per il 2016. Guarda guarda, all’indomani delle presidenziali Usa e del referendum che ha sancito l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue. In entrambi i casi, “The Post Truth” ha giocato un ruolo decisivo.

Allora vale la pena di analizzare, anzi di vivisezionare la parola, visto che il fenomeno continua inesorabilmente a influenzare l’opinione pubblica di casa nostra in materia di immigrazione, xenofobia e sicurezza sociale. Giocando un ruolo di primissimo piano anche nella recente campagna elettorale. Avrete già intuito di cosa stiamo parlando, soprattutto la maggioranza di noi che usa i social network spesso come pane quotidiano, ha già fatto i conti con la diffusione virale di pseudo verità basate sull’emotività e sulle convinzioni personali più che sui fatti oggettivi. Spesso rimanendone vittima e complice allo stesso tempo.

Cosa distingue allora la post-verità dalla bufala? Si tratta di un distinguo puramente concettuale. Il primo significato è quello di verità a posteriori, in altri termini, la veridicità della notizia è secondaria rispetto al fine che si vuole raggiungere, per esempio nell’orientare l’opinione pubblica in una direzione piuttosto che in un’altra.

L’altra interpretazione del termine, quella più popolare di “verità del post”, rende ancora di più l’idea delle sue conseguenze, dato che il 40 per cento degli utenti considera Facebook fonte primaria di notizie. Uscire dalla grande trappola della post-verità, diventa allora un atto di libertà, difficile certo, ma non impossibile. Bisogna avere la forza di non ascoltare la voce della “pancia” prima di cliccare sui pulsanti di condivisione. E applicare una delle regole d’oro del buon vccchio giornalismo: la verifica attenta delle fonti. Anche se non si è giornalisti.