LA PAROLA

Rete

Che ingiustizie della storia! La ruota è diventata una conquista epocale, una svolta nella civiltà umana; la rete invece non ha posto nel libro delle invenzioni del mondo. Eppure non si contano le circostanze, gli usi e le opportunità nei quali una corda intrecciata a maglie, è stata indispensabile per il progresso e perfino per il regresso dell’umanità. San Pietro la usava per pescare nel lago di Tiberiade, a Roma era uno strumento nel circo e nelle infinite battaglie delle corti. Scale, recinti, agganci nel duro lavoro in porti e fabbriche, colini in cucina, borsette economiche per trasporti domestici, protezioni notturne per ricercate acconciature maschili e femminili, trappole per ogni tipo di caccia, moderne interconnessioni informatiche hanno avuto la forma della rete. Un tomo non basterebbe a descrivere le vicende che hanno attraversato nei secoli questo semplice intreccio costruito via via con i materiali più vari. Nei dizionari troverete di tutto e di più. Ma unica e sola è ormai la definizione che accoglierete chiedendo in giro il significato del termine rete. Quelle maglie quadrate hanno oggi il destino di essere associate a una prodezza di Cristiano Ronaldo, a una spettacolare girata mancina di Leo Messi, alla carambola che modifica i destini di un incontro di calcio dall’esito scontato. Rete ormai è solo il fine ultimo di ogni azione, l’esultanza di uno stadio, l’urlo in tv, le bandiere al vento e qualche volta perfino i caroselli delle auto per le strade.

Incredibilmente, proprio tutto ciò che in origine, ovvero appena un secolo fa, era tutt’altro meno che una rete.

Il gioco del pallone, cioè il football, giunse da noi, soprattutto nei porti italiani, con i marinai di sua maestà britannica i quali avevano già il loro vocabolario per definire ogni episodio del nuovo trastullo: goal, corner, offside, penalty and so on.

Facile da praticare, aperto alle performance di ogni classe sociale, borghese e allo stesso tempo proletario, il football divenne ben presto una moda agonistica anche nel Bel Paese dove nacquero campi, campetti e stadi e dove i media furono costretti a dare spazio alla nuova pratica sportiva. Compreso l’Eiar che, divenuto nel ventennio l’ente radiofonico del regime, fu costretto a seguire i campionati del mondo del 1934 e del 1938 dove, tra l’altro, risultammo vincitori.

Nacquero così le radiocronache che furono affidate alla ineguagliabile voce e alla appassionata professionalità di un signore mezzo genovese e mezzo inglese, colto e distinto: Nicolò Carosio. Prima di consegnargli il microfono i vertici dell’emittente furono implacabili: mai una parola inglese durante le trasmissioni di pallone. Erano quelli i tempi in cui gli italiani furono costretti dal regime a usare il dentifricio Clorodonto e la carne Simmentallo. Le difficoltà per il raffinato Carosio non furono poche: c’era da inventare di sana pianta, un vocabolario che fosse immediato, facilmente accessibile, pronto all’uso e magari destinato a durare. Così il football divenne semplicemente “il gioco del calcio”, il corner fu calcio d’angolo, i giocatori diventarono portieri, terzini, mediani, ali e attaccanti, l’offside prese il nome di fuori gioco. E il goal? Carosio inizialmente usò il termine “meta” che già aveva cercato di sperimentare nel rugby dove peraltro si è conservato fino a oggi. Alla terza meta di un incontro di cartello (partita, non match, per l’amor di Dio e del Duce), il radiocronista avvertì però che la traduzione non reggeva. Per caso notò che un pallone sparato in porta gonfiava la rete e in quell’attimo montava il tripudio. Così ebbe una folgorazione e Il gol divenne “rete”. Solo e semplicemente “rete” con i successivi annessi e connessi “insaccare le palla in rete”, “una legnata che ha sfondato la rete”, “Quasi rete” per il pallone che stava per entrare, “salvare una rete” grazie alla stupenda parata del portiere e via dicendo.

La conseguenza inevitabile fu l’eclissi di ogni altro significato che il termine rete poteva rivendicare nel suo utile cammino di strumento di servizio. Ed oggi, in campo, in politica, nella vita quotidiana, per tutti, a cosa fatte, è semplicemente “rete e palla al centro”.