* MEMORIE

Ricordi a “l’Unità” 2: il D’Alema di Ceretti

Rispondendo al mio appello agli ex de “l’Unità” (e delle altre testate che facevano capo al PCI) di raccogliere i propri ricordi perché, in vista dello scioglimento dell’associazione Sotto la Mole (L’atto costitutivo e lo statutoLa convenzione con il Gramsci di Bologna) si consegnino all’Istituto Gramsci di Bologna i propri ricordi, gli aneddoti, le esperienze, anche i pettegolezzi se occorre, ma solo con lo spirito di ricostruire le pagine belle e brutte di un’esperienza che comunque è stata veramente grande, Beppe Ceretti – a lungo caporedattore a Roma e a Milano, nonché amico carissimo e firma anche di TESSERE (finché siamo riusciti a mandarla avanti) –, qualche giorno fa mi ha mandato il suo ricordo di un grande direttore de “l’Unità”, Gerardo Chiaromonte che potete leggere qui.

Mi ha poi spedito il ricordo di altri tre direttori (e chissà che non gliene venga in mente qualcun altro, me lo auguro): D’Alema, Macaluso e Veltroni. Li pubblico con scansione quotidiana (oggi, domani e dopodomani) in quest’altra mia folle iniziativa: TESSERE appunto, di cui invito a leggere le ragioni per cui la fondai alcuni anni fa insieme a amici carissimi (di cui qui voglio solo ricordare l’impagabile Gian Luca Corradi), l’ennesima mia iniziativa destinata al fallimento.

Oggi dunque il ricordo di D’Alema scritto da Giuseppe Ceretti a cui sono sinceramente grato e verso il quale provo un sentimento di grande affetto, benché non è che ci siamo frequentati tantissimo nella vita reale. Meriterebbe tuttavia, e se ci riesco lo farò, il ricordo di quando con Antonio Zollo, Morena Pivetti e Stefano Miliani andammo a Milano a inaugurare l’ultima delle nove edizioni di “Mattina”, quella appunto, diretta da Beppe, che precedettero l’unica vera grande chiusura de “l’Unità”.

Un’ultima cosa: faccio appello a tutti quanti leggeranno questo ricordo a fare un versamento di quello che possono per pagare le spese notarili necessarie alla chiusura dell’associazione Sotto la Mole (come concordato dalla maggior parte dei soci in chat e conversazioni private) e per affidare la somma residua all’Istituto Gramsci di Bologna affinché incarichi un giovane ricercatore di effettuare il maggior numero possibile (dipenderà ovviamente dalla somma raccolta) di interviste a ex colleghi giornalisti, grafici, poligrafici, amministrativi o anche a persone che hanno avuto un ruolo chiave nella storia della stampa comunista. I versamenti vanno fatti sul conto IT91M0306909606100000148268 intestato a Associazione culturale “Sotto la Mole” presso Banca prossima del gruppo Intesa San Paolo. Grazie

d.p.

Massimo D’Alema

Maximo uno e due
così è
se vi pare

di Beppe Ceretti

Massimo D’Alema
Pessimo cronista. Io e chi altro? Certa è la frase pronunciata e condita da un sorriso: “Sei proprio un socialdemocratico!”.
Non so se allora o in quale altra epoca io sia stato socialdemocratico, certo è che il direttore così mi apostrofò dopo un intervento in una riunione di redazione.
Di sicuro sono un cronista dalla memoria assai blanda se non rammento l’oggetto dell’anatema dalemiano.
Le referenze degli officianti della capo redazione non lo lasciavano tranquillo. Non era solo questione di geografia politica, spesso più esibita che reale (con chi, in nome di chi?), quanto di timori di protagonismo da parte di uno dei membri dell’inedito quartetto di giovani messi alla guida dell’Unità. Comunque sia, l’apparenza imperturbabile nascondeva assai bene il suo livello, manco a dirlo massimo, di attenzione.
Erano tempi di burrascosi rapporti ancora non sopiti con i socialisti e le antenne, sia pure cinque-sei anni dopo la morte di Enrico Berlinguer, restavano ben dritte.
D’Alema manteneva dunque un profilo di estrema prudenza con la capo redazione, anche se la comune età anagrafica manteneva i dialoghi entro territori più riconoscibili e praticabili, da noi e da lui.
Del celebre incontro nel marzo del 1990 con Craxi sullo storico camper socialista (un anno prima il leader socialista aveva lì incontrato Arnaldo Forlani per cementare l’accordo con la Dc) in compagnia di Walter Veltroni per tentare di rompere il ghiaccio dei tempi di Enrico Berlinguer,
nulla si lasciò sfuggire. Fu piuttosto prodigo di esilaranti imitazioni, in particolare di un Giuliano Amato seduto “a bordo cuscino” e in silenzio-ossequio del leader socialista.

A proposito di ghiaccio, anche il rapporto con la capo redazione si sciolse con il tempo, pur nello stile del personaggio che aveva, per così dire, una naturale propensione a non celare un complesso di superiorità, non nego fondato su un solido impianto mentale.
Ricordo e ancora sorrido, una mattina d’estate. Impegni lo avevano trattenuto lontano dalla redazione ben oltre la riunione del mattino.
A mezzodì inoltrato si presentò e toccò a me ragguagliarlo sulle prime decisioni prese in mattinata.
Iniziai a sgranare il rosario mattutino delle notizie. Massimo ascoltava in educato silenzio, ma la sua attenzione, così mi parve, era attratta più da un gioco sul computer, credo si chiamasse tetris, ma poco importa. Un gioco di logica e ragionamento, manco a dirlo di matrice russa.
Mi innervosii, per chi conosce il mio carattere fumantino sa che non ci vuole molto. D’un tratto mi zittii e dopo qualche secondo mi disse: “Che c’è? Finito?”.
“No, non è finito- risposi piccato- è che tu non mi ascolti e non mi pare utile proseguire”.
Senza staccare gli occhi dall’aggeggio mi rispose, quasi serafico: “Ti ascolto, ti ascolto”.
“Non mi sembra proprio” replicai.
E lui: “Ti ho ascoltato con attenzione e ora te lo dimostro”. Con estrema cura mi elencò il menu delle notizie di giornata che gli avevo riferito con una puntigliosa precisione che mi lasciò sbalordito: “Soddisfatto?” replicò.
Inutile dire che uscii in fretta dalla stanza, senza tentare nemmeno una replica. Del resto quando si incassa un colpo il silenzio è d’oro.

Allora che aggiungere d’altro?
Che il “lider Massimo”, sia scritto all’italiana, un giorno mostrò “l’altra faccia della luna”. Una tristissima vicenda ci vide costretti ad affrontare in piena estate un periodo di lavoro redazionale senza altri aiuti.
La sua solidarietà attiva lo trasformò in un capo redattore a tutto campo.
Non ricordo se in quelle mattinate trovò il tempo per una giocata a tetris, ma questo amarcord glielo devo.
Ma questa è un’altra storia.