LA PAROLA

Sfinimento

Più che un sostantivo è ormai un metodo. Se i servizi funzionano a singhiozzo, se da qualche ufficio pubblico la risposta che cerchi stenta ad arrivare, se l’idraulico o l’elettricista sono evasivi e in casa manca acqua e luce, la soluzione si chiama “sfinimento”.

Chi se ne intende dice che la strategia non è nuova e l’origine è nella tattica militare: i grandi assedi del passato, il generale inverno russo, il logorio ai fianchi dell’avversario. Chi va sul pratico, di questi tempi, si affida al telefonino e inizia il martellamento confidando nello sfinimento dell’interlocutore. Già alla terza chiamata si notano i primi cedimenti e, a cornetta abbassata, le prime imprecazioni. È l’avvisaglia di una vittoria certa dovuta ad un’altra certezza: gli italiani non sono un popolo di maratoneti e alla distanza si arrendono perché lo sfinimento non lo sopportano. Della serie, togliamoci dai piedi questo rompiscatole e riguadagniamo un po’ di pace.

In Toscana lo sfinimento si chiama anche sfinitezza. Anzi, forse per cavalleria, si preferisce il sostantivo femminile che peraltro i maggiori dizionari contemplano addirittura, in alcuni casi, cercando di trovare differenze minime che sono roba da lana caprina. La sostanza vera infatti non cambia: che sia sfinimento o che sia sfinitezza l’obbiettivo è rompere finché chi deve aggiustare aggiusti, chi deve fare faccia e chi deve avere possa riattaccare soddisfatto la cornetta telefonica e alla fine sedersi per riprendersi dallo sfinimento.

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