LA PAROLA

Sublime

Molto elevato, che raggiunge i livelli più alti, il bello e il grande al sommo grado. La parola sublime deriva dal latino sublimis composto da sub (sotto) e limen (soglia), cioè che giunge fino sotto la soglia più alta. Questa parola, dunque, si riferisce a una grande altezza, non solo per una vetta, ma anche per qualsiasi altra espressione di portata eccezionale. È sublime, ad esempio, la furia di una tempesta così come un cielo stellato. È sublime anche chi eccelle in un’attività: un musicista, un poeta, uno scrittore, un inventore come il genio di Leonardo. Sublime è tutto ciò che è fantastico, che provoca una sensazione fuori dal comune, un momento di appagamento totale, qualcosa di così bello da non potersi descrivere. Sublime è un’opera d’arte, una poesia o una sinfonia. Tutto quello che l’uomo non riesce a contenere e catalogare nella sua mente. In quest’ultima accezione anche ciò che non si riesce a capire e quindi che si teme.

In matematica calcolo sublime è il nome dato alla fine del XIX secolo al calcolo infinitesimale.

Il concetto di sublime è antico: risale al trattato Del Sublime, per secoli attribuito erroneamente al greco Cassio Longino (III secolo d.C.), ma opera di un anonimo del I secolo d.C. Consiste nella reazione di un animo nobile di fronte alla bellezza evocata da un testo: leggendo Omero o Sofocle l’uomo si sente elevato. Ma il concetto avrà grande fortuna nel Seicento e soprattutto a partire dalla fine del Settecento e in età romantica.

Il sublime è uno dei temi fondamentali, ad esempio, della pittura romantica, così come è stato espresso nelle opere di Friedrich, Turner e Constable. Gli artisti evidenziano l’angoscia dell’uomo di fronte al mistero della natura. Bellissime le opere di William Turner laddove esprime un rapporto inquietante tra uomo ed eventi naturali. Valga per tutte ricordare Tempesta di neve, custodita alla Tate gallery di Londra.

Nel 1790, Immanuel Kant esprime il concetto nella Critica del giudizio: «Sublime è il senso di sgomento che l’uomo prova di fronte alla magnificenza della natura sia nell’aspetto pacifico, sia ancora di più, nel momento della sua terribile rappresentazione, quando ognuno di noi sente la sua piccolezza, la sua estrema fragilità, la sua finitezza, ma, al tempo stesso, proprio perché cosciente di questo, intuisce l’infinito e si rende conto che l’anima possiede una facoltà superiore alla misura dei sensi». Il sublime suscita un sentimento misto tra piacere e dispiacere o di spavento che esprime un contrasto tra oggetto e soggetto, tra immaginazione e ragione. Kant era stato anticipato dal pensatore inglese Edmund Burke, autore del saggio Inchiesta sul bello e sul sublime dove prevale il sentimento dell’angoscia e della perdita dell’io.

In Frankenstein, romanzo gotico ottocentesco, della scrittrice britannica Mary Shelley, da cui è poi stato tratto un film di culto, chi osa sfidare la natura finisce poi schiacciato dalla sua sublime superiorità.

Oggi purtroppo questa parola è abusata e spesso usata con colpevole leggerezza: anche una barzelletta che fa ridere diventa sublime.