No ste cavarme ea Vida! recitano stendardi improvvisati in giro per le calli veneziane, lenzuola stese tra i rii, vessilli sui tetti. «Non toglietemi la Vida», e la Vida è un posto speciale nel cuore del sestiere di Santa Croce, in campo San Giacomo dall’Orio. Un posto dove, nonostante i plateatici sempre più invasivi di bar e ristoranti, ancora giocano i bambini.
La chiamano così perché nel secolo scorso là c’era un’osteria con un bel pergolato, ma ancor prima – il trasformismo è una specialità lagunare – lì aveva sede l’Antico Teatro Anatomico della Serenissima. Ancora rimangono i due portali secenteschi e un’iscrizione: Medicorum Phisicorum Collegium.
L’edificio, inaugurato grazie al lascito del patrizio Lorenzo Loredan nel 1671, conteneva un tempo una grande sala con tre ordini di gradinate ellittiche per assistere alla dissezione dei cadaveri, mentre al piano superiore erano ospitati una ricca biblioteca e un archivio. Circa un secolo dopo, vi s’insediò – con preveggente senso di modernità – anche un’esclusiva Scuola di Ostetricia: a Venezia, per far nascere i bambini, bisognava saper leggere, aver assistito per due anni alle dimostrazioni nel Teatro Anatomico e sostenere persino un esame.
Con la fine della Serenissima, tuttavia, l’edificio fu degradato dapprima a deposito edile e poi ad osteria, la Vida appunto, per assumere fino all’agosto scorso la funzione di sede dell’Ocrad, l’organismo sociale e ricreativo dei dipendenti della Regione Veneto. Ciò non toglie che, per l’importanza storico-scientifica del monumento, la Soprintendenza lagunare abbia vincolato la Vida fin dal 1920, designandola poi “bene pubblico” e ponendola sotto l’amministrazione regionale. Seguono decenni e decenni di dimenticanza, d’incuria, mentre intorno pullulano gli esercizi commerciali ad uso turistico e le abitazioni private vengono sommerse dai bed and breakfast.
Se non che, niente avviene a caso. La Regione Veneto – in seguito al piano di alienazione del suo patrimonio immobiliare, chiaro indizio di trasformazione turistica dissennata – tenta, negli ultimi anni, di vendere l’Antico Teatro Anatomico con aste pubbliche, ma senza riuscirvi. Poi gioca il tutto per tutto: l’ultima volta, ed è paradossalmente l’inizio della rinascita, lo fa addirittura con una trattativa privata diretta, aggiudicando lo storico immobile ad un imprenditore locale in data 21 settembre 2017. La cifra, per un monumento della storia cittadina come la Vida, è irrisoria, 911mila Euro, e l’acquirente – già nelle sue prime dichiarazioni – annuncia di voler trasformare il Teatro nell’ennesimo ristorante «con la sua bella pergola, come era un tempo», chiedendo il cambio di destinazione d’uso al Comune. La previsione è di triplicarne di fatto il valore rispetto al prezzo d’acquisto.
Al momento del preliminare d’alienazione – 28 settembre, è un giovedì – succede però l’incredibile: il Teatro Anatomico viene riaperto e «restituito alla città», grazie ad un atto di pacifica riappropriazione civica. «No, non è un’occupazione», ribadiscono i cittadini convocati in Questura per il controllo dei documenti. Inizia così una splendida avventura di civiltà che dura ancor oggi.
I precedenti lasciavano ben sperare: già nell’estate del 2016, tre associazioni culturali veneziane – Omnia, About e Il Caìcio – avevano promosso con successo una petizione popolare, riuscendo a raccogliere milletrecento firme e depositando (all’annuncio della Regione di voler vendere) una nuova richiesta di vincolo alla Soprintendenza, per preservare la proprietà pubblica dell’edificio. L’idea era forte: la creazione, in quella sede, di un Centro di documentazione digitale della storia e delle tradizioni popolari e scientifiche del territorio.
Ciò nonostante, la Regione vende e i cittadini, un anno dopo, riaprono pacificamente la Vida. Dalla loro hanno quella formidabile arma che ormai si sta diffondendo e applicando a macchia d’olio sul territorio italiano, da Firenze a Napoli, da Palermo a Reggio Emilia a Torino: il Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazioni per la cura, la rigenerazione, la gestione di beni comuni urbani, tutelato dalla Costituzione Italiana agli articoli 43, 114, 117, 118. Come a dire che il futuro di Venezia nasce anche dalla ricostruzione dei suoi luoghi di aggregazione, incontro e confronto sociale. Infatti, la Vida ha riaperto, divenendo sin dalle prime ore, una fucina d’idee e progetti, accogliendo tutti i giorni realtà associative, famiglie, esposizioni artistiche, laboratori aperti alla cittadinanza. Uno spazio fruibile dalle nove di mattina a tarda sera, anche nel cuore dell’inverno, anche ora che si supplisce come si può alla mancanza di luce e riscaldamento. Un luogo sempre più frequentato (sono ormai migliaia i cittadini coinvolti gratuitamente nelle attività) e trasversale, in cui proporre non solo spettacoli e musica, ma anche azioni concrete: una tra tutte la mappatura “dal basso” del Centro Storico condotta dal Collettivo O.P.A. (Officina Pensiero e Azione), per vedere come cambia – oggettivamente, nelle sue trasformazioni essenziali – la struttura urbana. Da qui si scopre una città di gente viva, che si adatta, ma che non ha più voglia di andarsene. Altro che Disneyland.
Intanto la Regione prende tempo; i cittadini restano nella Vida, fino a rivestire l’esterno dell’edificio con gli abiti dei veneziani, della gente di San Giacomo, quasi a marcare l’appartenenza. Dal canto suo, l’imprenditore che si è aggiudicato il Teatro pensa ormai se non sia il caso di rescindere il contratto. Persino il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo si riserva di approfondire la questione.
Nessun Ente Pubblico ha rivendicato, nei tempi stabiliti, il diritto di prelazione per riacquistare l’immobile. La destinazione d’uso, però, resta la stessa: «unità edilizia speciale preottocentesca a struttura unitaria di tipo SU», che significa: adatta a farci un museo, una sede espositiva, una biblioteca o un archivio, un teatro. Un ristorante, quello no.
Difficile capire, a tutt’oggi, che piega prenderà la situazione, ma è ormai chiaro che la battaglia dei veneziani per la Vida non assume più solo un carattere simbolico. L’Antico Teatro di Anatomia, pacificamente abitato – pur tra mille difficoltà logistiche e organizzative – sta diventando il segno della possibilità di resistere alla spoliazione della città, uno spazio insperato di cittadinanza attiva. La forza della popolarità, dell’appoggio umano e culturale che la Vida si è conquistata in questi mesi di resistenza, rende difficile sia lo “sgombero” forzato (chi si assume la responsabilità di espellere bambini ed anziani? Senza pensare all’impatto mediatico…), sia la cancellazione dell’esperienza.
La città può vivere e recuperare maggior consapevolezza, al di là di un turismo forsennato: i veneziani ci hanno messo la faccia, esercitando la propria scelta a difesa della cosa pubblica. No ste cavarme ea Vida! ammoniscono le lenzuola tese sui canali. E gettare un sasso in laguna, come dicono da queste parti no par, ma fa onde …