LA PAROLA

Silenzio


Nel regno del frastuono e dello strepitio, tra l’immenso e inarrestabile chiacchiericcio della rete, è certamente un paradosso scrivere della parola silenzio. Ma che sollievo, a rifletterci un attimo, nel cercare di definirne i tratti e il significato.
«Un’idea di pace più che un’assoluta mancanza di suoni», ci suggerisce un animo sensibile (femminile). «Le nostre vite cominciano a finire il giorno in cui stiamo zitti di fronte alle cose che contano», ammoniva Martin Luther King.
“Il silenzio è d’oro” è il pensiero (e l’auspicio) quando ci troviamo di fronte a un logorroico, un prolisso o un seccatore. «Il resto è silenzio», sentenziava Shakespeare nell’Amleto.
Il silenzio è assenza di rumori e di voci. È prerogativa della notte, dei momenti (sempre più rari) che ciascuno dedica a se stesso. È lo smettere di parlare, di cantare, di gridare. È un invito o un ordine, il fare silenzio.
È il tacere imbarazzato o la raccomandazione a tenere nascosto qualche oscuro accadimento. È il segnale del riposo in caserma e un obbligo in alcune circostanze.
Dal latino  silentium, etimologicamente si intende la relativa o assoluta mancanza di suono e di rumore. Un ambiente che produca suono inferiore ai 20 decibel viene solitamente considerato silenzioso. In senso figurato, indica l’astensione dalla parola o dal dialogo.
Il silenzio può essere felicità. «In un bacio saprai tutto quello che è stato taciuto», scriveva Pablo Neruda.
Si sta in silenzio durante le cerimonie religiose, in taluni Stati il diritto al silenzio è la protezione legale di cui godono le persone sottoposte a interrogatori polizieschi o a processi giudiziari.
C’è il silenzio inteso come inerzia della pubblica amministrazione, e il silenzio elettorale che vieta di fare campagna elettorale dal giorno precedente le votazioni, concepito per dar modo agli elettori di riflettere meglio sulla effettuare.
La ricerca del silenzio interiore è disciplina spirituale che con l’astensione dalla parole cerca di placare l’attività della mente. Tra le suore di clausura il silenzio è uno dei vincoli obbligatori della vita comunitaria.
I grandi oratori – Cicerone, Quintiliano, Seneca – sostenevano che un bravo oratore non solo deve saper parlare (persuasivamente), ma anche tacere (efficacemente). Il silenzio è messaggio. La scelta di non dire è un mezzo per esprimere pensieri ed emozioni, per suggestionare e convincere.
«Ciao, oscurità, vecchia amica/ sono qui per parlarti di nuovo/perché una visione arrivando dolcemente/ha lasciato i suoi semi mentre dormivo/ e la visione/che si è fissata nella mia mente rimane ancora/ dentro il suono del silenzio…». The Sound of Silence, del 1964, di Paul Simon & Art Garfunkel, composta in sei mesi una riga al giorno (si narra), è nella hit parade dei capolavori poetici e musicali dedicati al silenzio. Indimenticabile anche perché colonna sonora de Il laureato e usata nella scena finale del film, in cui i due protagonisti (Dustin Hoffman-Katharine Ross) fuggono in autobus dall’ammaliante e tentatrice Anne Bancroft. Ed è durante quella fuga che Benjamin (Dustin Hoffman, appunto) ha una inquietante visione rimasta dentro il suono del silenzio. «E nella luce fredda io vidi/diecimila persone, forse più/ persone che parlavano senza dire nulla/ persone che ascoltavano senza capire/ persone che scrivevano canzoni che le voci non potevano cantare assieme/ e nessuno osava disturbare il suono del silenzio».